Moda, Pinko stritolata dal crollo dei consumi in Cina
La Cina avrebbe dovuto essere la nuova frontiera per l’espansione, sulla base di un piano di sviluppo, messo a punto nel 2022, per raggiungere in cinque anni 500 milioni di fatturato. Non è andata così. Pinko è stata stritolata dal crollo dei consumi nel gigante asiatico, crollo che sta mettendo in difficoltà molti big della moda anche a causa della politica autarchica varata da Pechino.
Un duro colpo per Cris Conf, l’azienda di Fidenza, in provincia di Parma, proprietaria del noto marchio di pret-à-porter da donna, che ha presentato istanza di applicazione delle misure protettive al patrimonio (come previsto dalla nuova legge fallimentare) per trovare un’intesa con i creditori: le banche, verso le quali è fortemente esposta. Una procedura – per legge può durare al massimo un anno – sulla quale si dovrà pronunciare il 14 novembre il Tribunale di Parma.
«Nell’estate del 2023 abbiamo assistito a una brusca battuta d’arresto in Cina, dove siamo presenti con una novantina di store a gestione diretta e un head quarter che impiega 50 addetti – spiega ora il presidente di Cris Conf, Pietro Negra -. In dicembre ci siamo resi conto che la situazione finanziaria si stava deteriorando. Abbiamo chiesto agli istituti di credito un piano di ristrutturazione del debito ma una banca ha fatto mancare la propria adesione. Così non siamo riusciti a ottemperare al pagamento di una rata in scadenza e ci siamo trovati con margini di manovra molto stretti».
Alla brusca frenata in Cina si è accompagnato l’insuccesso del piano che aveva portato Pinko a puntare anche sugli Stati Uniti, mercato che non ha dato i risultati sperati. «Abbiamo creduto nell’investimento sull’internazionalizzazione – prosegue Negra -. Ma la Cina, dove dovremo chiudere molti punti vendita, è ormai incontrollabile e la globalizzazione sta rivelando tante difficoltà. Oggi dovremmo tutti riflettere sul concetto e sulla forza del made in Italy, che non è sorretto da una politica industriale e non poggia su basi solide. In realtà abbiamo scritto uno slogan sulla sabbia».
Tutto è iniziato nel 2019 quando l’azienda (che conta in Italia oltre 550 dipendenti ai quali vanno aggiunti i circa 700 impiegati nel mondo nella rete dei punti vendita) ottenne da un pool di banche un finanziamento di 81 milioni di euro a sostegno dei programmi di sviluppo. Finanziamento in parte utilizzato per affrontare il dramma della pandemia. «Abbiamo reagito bene, chiudendo il 2022 con un bilancio di oltre 220 milioni, in crescita del 33% rispetto al 2019 – ricorda Negra -. Questo ci ha indotto a scommettere sul raddoppio in Cina e sugli Usa, mentre grazie a una joint venture con un calzaturificio di Civitanova Marche volava il fatturato delle calzature, arrivato a 25 milioni».
Fonte: Il Sole 24 Ore