Musk, i giudici e noi
Elon Musk saprà tutto del futuro, della corsa a Marte, dell’utopia dell’auto elettrica che si guida da sola, del magico mondo dei social network così utili a veicolare la verità, l’unica verità magari del suo proprietario. E perfino dell’intreccio neuronale della tecnologia che fa muovere cervelli altrimenti compromessi.
Ma con la democrazia è diverso.
Non serve una grande intelligenza visionaria se non quella di chi sa trasformare i nemici in concittadini. Serve solo un po’ di storia perché, per arrivarci, alle democrazie che oggi diamo per scontate, ma viviamo come febbricitanti e malaticce, c’è voluto molto tempo, ci sono volute guerre per arrivare a capire che il potere del popolo va gestito e bilanciato con i contropoteri della giustizia e della legge.
Per chi vede la politica come fosse un’auto elettrica sono un fastidio perché la democrazia richiede la fatica della discussione e del compromesso, non è un business plan o un software.
Nella polemica sui giudici e la questione migranti Musk dimentica che il contropotere della giustizia è autonomo e non ha bisogno di essere eletto (almeno da noi). E che se c’è un dubbio se debba pesare di più la norma europea rispetto a quella nazionale basta aspettare il verdetto della Corte Ue. Soprattutto Musk dimentica che ormai da uomo di governo degli Stati Uniti farebbe bene a evitare intromissioni negli affari interni degli alleati.
Fonte: Il Sole 24 Ore