Nan Goldin al top della Power 100 di Art Review

Nan Goldin al top della Power 100 di Art Review

Il mondo dell’arte è fatto di contraddizioni. È quanto emerge dalla Power List della rivista Art Review, che ogni anno a dicembre pubblica un elenco delle 100 personalità più influenti del mondo dell’arte. Da un lato celebra gli artisti e le artiste attiviste, impegnate a combattere per una causa e a far sentire la loro voce critica, come Nan Goldin, prima in classifica, seguita da Hito Steyerl e Rirktit Tiravanija; dall’altro c’è l’establishment, con galleristi, curatori e collezionisti in classifica sin dalla prima edizione del 2002, come Larry Gagosian (12° posto), Hans Ulrich Obrist (49°), Jay Jopling (56°), e pure l’italiana Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (58° posto). Anche Pace Gallery è presente da allora, prima con il fondatore Arne Glimcher, ora con il figlio Marc, al 20° posto.

Status quo VS nuove prospettive

Secondo Art Review, il motivo di ciò è da individuare nel ritorno ad un mondo dell’arte pre-pandemico: riemergono le forme e i sistemi consolidati, insieme alla rinascita delle strutture del mercato dell’arte, come le fiere, con “i soliti volti, anche se un po’ più rugosi, come i Rolling Stones dell’arte” – così vengono definiti. La svolta “conservatrice” si nota anche dall’assenza, quest’anno, dei movimenti: dopo il #metoo, Black Lives Matter, le Unions inglesi, gli attivisti del clima, addirittura gli Nft, quest’anno in classifica ci sono solo individui, o al massimo qualche duo o collettivo.

Eppure, negli ultimi anni si è registrato un aumento costante di coloro che nella lista provengono da luoghi al di là dell’asse d’influenza euro-nordamericano, con nuove realtà che finalmente stanno trovando la propria voce sulla scena internazionale. Come l’artista ghanese Ibrahim Mahama, salito al 6° posto dal 47°, oppure il congolese Sammy Baloji, rientrato in classifica all’11° posto dal 2020 (era 67°) con la sua ricerca sullo sfruttamento delle miniere.

Tra i gruppi, troviamo al 9° posto il Karrabing Film Collective, di indigeni del nord dell’Australia. Secondo l’editoriale che accompagna la classifica, forse le forze accentratrici del mercato dell’arte arrivano solo fino a un certo punto, mentre l’arte e l’ispirazione alimentano versioni più localizzate di potere e azione, lontane dai centri tradizionali. Ci si augura che continuino ad emergere quelle voci, che ora forse sono in mezzo alla lista e nei prossimi anni potrebbero arrivare ai primi posti.

Le italiane

È interessante notare, comunque, che la top ten è fatta tutta di artisti e artiste, mentre l’anno scorso al top c’erano i curatori delle due principali manifestazioni internazionali: i ruangrupa per Documenta e Cecilia Alemani per la Biennale. L’Alemani si riconferma, seppure perdendo posizioni, dalla seconda alla 53ª.

Fonte: Il Sole 24 Ore