Natura, vulcani, rum nelle isole più nascoste di Capo Verde

Natura, vulcani, rum nelle isole più nascoste di Capo Verde

L’arcipelago di Capo Verde, nell’Oceano Atlantico a circa 500 km dalla costa del Senegal, è piuttosto conosciuto tra i viaggiatori italiani. Più comodo dei Caraibi o della Thailandia – solo sei ore di volo dall’Italia, appena due ore di differenza in termini di fuso orario -, ricco di spiagge bianche e di un mare turchese, offre una cucina saporita e intrigante, figlia delle contaminazioni tra la cultura africana e quella europea, e i venti che spesso qui soffiano ne fanno una “palestra” ideale per gli amanti del windsurf o del kite. Tuttavia Capo Verde ha anche un altro volto rispetto a quello più raccontato dalle agenzie di viaggio.

Sulla rotta delle spezie

Arcipelago vulcanico, scoperto da navigatori genovesi al servizio della corona portoghese nel 1456, si impose all’attenzione degli europei per la sua posizione strategica sulla rotta delle spezie quando la noce moscata dell’Estremo Oriente valeva più dell’oro. In età moderna Capo Verde ha sviluppato un’economia basata sulla pesca e sull’agricoltura con un’attenzione per il caffè e la canna da zucchero. E proprio sulle tracce di quest’ultima che una volta atterrati a Praia, la capitale che si trova sull’isola di Santiago, ci siamo diretti verso la tenuta di Manuel Barbosa Amado, un distillatore di grogue (si pronuncia “grogu”), ovvero di rum locale ricavato da puro succo di canna che coltiva a pochi metri dal mare. La spiaggia che separa il blu dell’oceano Atlantico dalla verde distesa di canne da zucchero è di un nero brillante che sembra quasi finto. È sabbia lavica, che contiene silicio, ovvero l’elemento costitutivo del vetro della migliore qualità. Sotto i raggi del sole sembra quasi viva e continua a mandare microscopici lampi di luce riflessa mentre ci si passeggia sopra. Per Barbosa, tuttavia, la presenza della sabbia lavica ha anche un altro valore, perché i minerali che contiene sono ideali per rinvigorire il terreno e aumentarne la fertilità. E, con tutta probabilità, contribuiscono anche al gusto aromatico e fragrante del suo grogue non invecchiato.

La piccola isola di Fogo

Lasciata la spiaggia e la distilleria, la Capo Verde che non t’aspetti prosegue a Fogo, un’isola minore dominata da un vulcano la cui sommità sfiora i 3mila metri di altezza. L’ultima volta che il vulcano si è fatto sentire è stato nel 2015 e una volta saliti fino alla “caldera” si può ammirare un paesaggio quasi lunare, sentirsi un po’ astronauti lasciando impronte sulla fine sabbia lavica o rilassarsi sdraiati su qualche roccia vetrosa. Incredibile a dirsi, l’area è abitata. Piccoli villaggi dove ci si può fermare per qualche souvenir e viti ad alberello con le quali si produce un vino caratteristico e piuttosto famoso, dal sapore asciutto e leggermente speziato. Resta il tempo di trovare un ristorante dove apprezzare qualche piatto locale come la cachupa, uno stufato fatto con mais, manioca, cipolle, patate dolci e verdure e che, a volte, prevede anche tonno, pollo o carne di capra; oppure una zuppa come la canja, a base di pollo e riso, o il caldo de peixe, a base di pesce, soprattutto il wahoo, una sorta di palamita oceanica. Per provare però i piatti nella loro più assoluta integrità i più avventurosi dovrebbero fare rotta per l’isola Brava, ancora quasi non toccata dalle rotte turistiche. Ci si arriva via nave e il viaggio già ripaga del desiderio: nel tragitto è facile infatti avvistare branchi di delfini e intercettare con lo sguardo lo sfrecciare dei pesci volanti che si librano sopra le onde. L’avvicinamento all’isola è poi di per sé affascinante: il profilo è quello, anch’esso, dell’isola vulcanica, le nuvole sembrano abbracciarla per darle proprio quell’aspetto tra il misterioso e suggestivo e farci sentire quasi degli esploratori. Nei ristorantini dell’isola la cucina è familiare, senza artifizi né evoluzioni turistiche. Si beve il vino di Fogo, ovviamente, ma anche la Strela, la birra nazionale capoverdiana, e si può terminare con un sorso di djabì, il distillato di canna da zucchero che si produce anche su quest’isola.

Fonte: Il Sole 24 Ore