Nel mirino del Garante l’accordo Gedi-OpenAI
L’accordo commerciale firmato nel settembre scorso tra il Gruppo editoriale Gedi e OpenAI – l’azienda americana di ricerca e applicazione dell’intelligenza artificiale che realizza ChatGpt – finisce nel mirino del Garante dei dati personali.
Secondo l’Authority di piazza Venezia, che ha inviato un «avvertimento formale» all’editore, tra l’altro, di Repubblica, la cessione di banche dati di archivi giornalistici (che per la legge sulla privacy godono di un regime derogatorio particolare ma vincolato) rappresenterebbe un «rischio di violazione per i dati di milioni di persone».
L’avvertimento notificato dal Garante apre un nuovo e inedito fronte nel complicato rapporto tra l’editoria classica e le società di sviluppo e addestramento dell’AI. Da più di un anno il New York Times ha avviato davanti alla Corte federale di Manhattan una causa per violazione del diritto d’autore: Open Ai (e anche Microsoft) avrebbe utilizzato senza accordo né autorizzazione la banca dati del giornale per “addestrare” l’intelligenza artificiale. La causa, lungi dall’essersi risolta, sta ora inasprendosi sul sospetto di atteggiamenti processuali ostruzionistici da parte di OpenAI+.
Percorso del tutto opposto quello tenuto, invece, in Italia dalla società americana, che lo scorso settembre aveva concluso una «partnership strategica per rendere accessibili agli utenti di ChatGPT i contenuti in lingua italiana provenienti dalle autorevoli testate del Gruppo Gedi».
Il giudizio del Garante sugli archivi digitali dei giornali
A giudizio del Garante, però, gli archivi digitali dei giornali conservano «le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali anche estremamente delicati che non possono essere licenziati in uso a terzi per addestrare l’intelligenza artificiale, senza le dovute cautele». Il rischio di violare le disposizioni del regolamento Ue, con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste dalla normativa, sarebbe quindi molto elevato, soprattutto perché non sarebbe soddisfatto il requisito della accessibilità dei titolari dei diritti al trattamento dati che li riguarda.
Fonte: Il Sole 24 Ore