
Nella suite di artista trasfigurato il bell’hotel
Buio totale. Una cortina, una tenda discreta che taglia i nove gradini di separazione ti immette nel mondo notturno, mistico luogo per chi vuole separarsi dal rumore. Uditivo, visivo, esistenziale. Silenzio. State per entrare in «Room»: non (solo) una suite d’hotel decorata da un artista – come ce ne sono diverse sparse per il mondo degli hotel di lusso – ma qualcosa in più: questa è un’opera d’arte abitabile e una scultura monumentale realizzata da uno dei più importanti artisti inglesi contemporanei, Antony Gormley (1950), “regalata” a una piazza nascosta, eppure centralissima, di Londra. L’idea era sorta all’apertura del The Beaumont, nel 2014 (ha appena compiuto 10 anni): l’hotel aveva pensato bene di chiedere all’artista un’estensione architettonica della struttura. Sui tre piani, da fuori, nella parte sinistra dell’edificio guardando la facciata, l’opera rappresenta una gigantesca figura cuboide accovacciata, basata sul corpo dell’artista; forse un “pensatore”, forse un essere religioso, un buddha del centrocittà, in ogni caso uno stilema tipico di Gormley. Lastre saldate in acciaio inox all’esterno; gli interni contrastano con pareti rivestite in rovere scuro, armonizzate con un bagno in marmo bianco puro.
Vista su Mayfair
Ci sono ospiti che vengono da anni, regolarmente, solo per stare qui: il soffitto è alto 4 metri e nella stanza c’è solo un letto di lino bianco. Nessuna connessione, nessun disturbo, l’assordante presenza solo del (proprio) silenzio e della propria coscienza. C’è una finestra, sì, ma bisogna chiedere al concierge per l’apertura. Altrimenti, niente vista. Un’esperienza davvero immersiva che, per quanto mi riguarda, mi sono ben guardato dal fare. Ho visitato la stanza, certo, ma in pieno giorno: il concierge mi spiega le particolarità. Claustrofobico come sono, e per niente amante del buio assoluto, non ce la potevo fare: apprezzo come l’autore abbia scolpito l’oscurità ma sarebbe stata un’esperienza troppo forte per i miei gusti. Mi sono “consolato” nell’ala speculare rispetto al buio di Gormley con luminosa terrazza su Mayfair, pochi passi dai principali luoghi culturali, culinari e storici della capitale inglese. E un appartamento dedicato a uno dei miei (solari) miti: Elsa Schiaparelli. The Beaumont è da tempo un faro dell’ospitalità tradizionale (fu aperto da Corbin e King, due astri della ristorazione londinese che firmarono fascinose realtà come l’Ivy, il Delaunay e il Wolseley: oggi un’altra storia) e del lusso discreto con tocco vintage. Ha storie da raccontare: nato negli anni 20 come un enorme – e primo – parcheggio per l’allora nascente mercato delle automobili, fu pensato appositamente, perché nell’angolo di fronte troneggia il grande magazzino Selfridges, e furono proprio i commercianti a chiedere al sindaco di costruire un parcheggio per le auto dei primi borghesi che andavano a far spesa.
E così, The Beaumont è “rinato” incarnando lo spirito degli hotel di lusso di quegli anni 20 (interni progettati dall’architetto francese Thierry Despont). L’idea era quella di creare un personaggio immaginario, appunto Mr. Beaumont, gentiluomo nei ruggenti anni 20 e calarlo nel contesto di Mayfair: tutti gli ambienti ricordano l’epoca. Nella suite Elsa Schiaparelli il gioco funziona, potrei essere un Gatsby: terrazzo enorme (peccato il freddo), salotto, pianoforte in camera e una libreria con libri – finalmente! – veri, scelti meticolosamente. Piccolo paradiso privato. Al piano terra, il Colony Grill (una delle migliori sogliole della città) e il bar, The Magritte. Domina (copia) un quadro del surrealista belga (l’originale sta nella casa dei nuovi proprietari) e la lista dei cocktail è ispirata a lui: ho scelto quello che si beve direttamente da una pipa di vetro, con tanto di fumo.E se al Beaumont la trasfigurazione dell’hotel è compiuta con l’opera di Gormley, l’alleanza tra artisti e albergatori di lusso è sempre più benedetta e ricercata. Con risultati alterni, ma sempre interessanti.
Da Amsterdam alla Scozia
Si è raccontato altre volte dei programmi artistici dei Belmond che continuano la fruttuosa collaborazione con prestigiose gallerie e riempiono gli spazi degli hotel con ottima arte contemporanea. O ad Amsterdam, per fare un altro esempio, il De L’Europe, in collaborazione con il Museo Van Gogh, offre agli ospiti l’opportunità di intraprendere un viaggio nel mondo di Van Gogh (ogni dettaglio rimanda al pittore), mentre il duo del design, Tisja e Ziarah Janssen, le “Sisters Janssen”, hanno realizzato una suite che intreccia i temi della connessione e dell’inclusività nell’arte: un progetto ideale per chi l’arte non solo vuole ammirarla ma anche praticarla nei suoi risvolti sociali e impegnati. Dove l’arte è di casa è in Scozia, al superbo Fife Arms. I proprietari, che hanno riaperto e ristrutturato una magione meravigliosa non lontana dal Balmoral Castle della famiglia reale, sono Iwan e Manuela Wirth, noti per la celebre galleria Hauser & Wirth. Alto artigianato, cultura scozzese e una straordinaria collezione di capolavori del Novecento, tra cui due Picasso, che fanno bella mostra anche in sontuosi ambienti comuni, e opere site specific di artisti contemporanei. C’è anche lei, fortunata coincidenza, in foto di Man Ray: Elsa Schiaparelli. La sua originalità sfrenata fu influenzata (e, a sua volta, influenzò) dalle sue amicizie con gli artisti surrealisti, in particolare Salvador Dalì. Sono sicuro che non avrebbe disdegnato la permanenza in nessuna di queste stanze che avvicinano all’arte, alla bellezza, al gusto del bel vivere.
Fonte: Il Sole 24 Ore