Nelle fiere cautela e fiducia: «Il made in Italy sa reagire»

La congiuntura è complessa, evidenti i primi segni di rallentamento dopo un anno quasi euforico, il 2022 che ha segnato l’uscita dal Covid. Eppure l’ottimismo è solido, perché basato sulla consapevolezza della qualità e dell’appetibilità del made in Italy nel mondo. Sono buoni i segnali provenienti dalle fiere di settore che si avvicendano in questi giorni nei padiglioni di Rho Fiera a Milano, in sinergia con la settimana della moda inaugurata oggi in città.

Ieri si è chiuso Homi, il salone del bijoux, del gioiello e dell’accessorio moda; il 17 hanno aperto le loro nuove edizioni Micam, la più importante fiera internazionale dedicata alle calzature, Mipel (il salone internazionale dedicato alla pelletteria e all’accessorio moda) e TheOneMilano, salone dell’outerwear e dell’haute à-porter; oggi inaugura Lineapelle, il principale evento espositivo dedicato alla pelle e alle sue espressioni. Appuntamenti con le collezione PE 2024 capaci di attrarre circa 45mila buyer da tutto il mondo.

Oltre mille sono invece i marchi presenti alla 96edizione di Micam, di cui 520 italiani e 504 internazionali, provenienti da oltre 30 Paesi, a rappresentanza di un settore che conta oltre 3.700 aziende e più di 72mila addetti, e che ha chiuso il primo semestre 2023 con dati soddisfacenti: il fatturato è salito del 7,4% e l’export del 10,2% rispetto allo stesso periodo del 2022. In calo, tuttavia, le quantità, -6,8% quelle esportate e -5,7% quelle realizzate: «Si tratta di una piccola flessione che credo sia normale dopo il boom post Covid, che non riguarda peraltro il valore», commenta Giovanna Ceolini, presidente Micam. In questo senso è emblematico il caso della Cina, dove l’export ha toccato +20,4% in volume e +43,4% in valore, interessando le calzature di fascia alta. Segnali di rallentamento giungono anche dal mercato interno, con un calo del 9,8% in termini di paia e del 7,9% in valore nel semestre. «In questi primi giorni di fiera i nostri espositori stanno lavorando con soddisfazione – prosegue -. I buyer vengono da 28 Paesi, e abbiamo coinvolto anche degli influencer da quattro nazioni. Tuttavia sul futuro siamo cauti: l’inflazione, il conflitto in Ucraina, i tassi bancari molto alti, anche il clima sono tutti fattori che possono certo influenzare la nostra industria, che però ha tutti gli strumenti per affrontare tutto ciò e per rispondere a una domanda di made in Italy sempre molto solida nel mondo».

Venticinquemila sono i visitatori attesi da Lineapelle, che apre oggi la sua 102esima edizione, con 1.330 espositori da 48 Paesi. Le aziende italiane presenti in fiera generano un fatturato annuo di oltre 6,3 miliardi, il 70% derivante dall’export, per un totale di circa 25mila addetti. Nel dettaglio, le concerie presenti in fiera valgono quasi 4 miliardi l’anno, i produttori di accessori e componenti 1,7 miliardi, quelli di tessuti e sintetici quasi 600 milioni. Nel primo semestre dell’anno l’industria conciaria italiana ha registrato importanti ribassi di fatturato(-9,5%) e di produzione in volume (-13,4%) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. «La situazione congiunturale, che si sta trascinando da mesi, è molto pesante e non si vedono soluzioni a breve termine – spiega Fulvia Bacchi, ceo di Lineapelle e direttrice generale di Unic-. La fiera si presenta come sempre nel migliore dei modi, sia per numeri sia per iniziative, che comprendono anche sfilate, talk, eventi in collaborazione con le scuole. Le aspettative sono alte, ma non dobbiamo farci troppe illusioni, poiché la congiuntura deriva da fattori esterni all’industria. Sono fiduciosa dunque sulla fiera, che riuscirà a rendere l’idea della qualità e dell’innovazione delle nostre aziende, della ricchezza della nostra filiera. Non è un caso che al padiglione 15 si trovi uno spettacolare stand, quello dei Metiérs d’Art di Lvmh (che ospita le concerie acquisite nel tempo dal gruppo, nda), proprio per dare risalto alle eccellenze di queste lavorazioni».

Fonte: Il Sole 24 Ore