Nero d’Avola, ora si punta a ridurre l’alcol
Ridurre il contenuto alcolico dei vini. Ma non si tratta di un vino qualsiasi perché in questo caso parliamo del Nero d’Avola, il vino siciliano per eccellenza, ormai in qualche modo simbolo e identità della produzione vitivinicola siciliana. E, sia chiaro, non si tratta di una diminutio anzi. In un contesto parecchio preoccupante, con la diminuzione di consumi soprattutto di vino rosso, la Sicilia riparte dal vitigno che è stato simbolo di rinascita e rilancio per tutto il settore. E parte con un lavoro di ricerca promosso da Assovini, l’associazione che raggruppa un centinaio di produttori vitivinicoli siciliani, e Università di Milano. Il progetto, che sarà presentato oggi (martedì 21 gennaio) a Palermo si chiama InnoNDA (NDA sta per Nerod’Avola) e vi partecipano i laboratori Isvea e le aziende vitivinicole Dimore di Giurfo (Ragusa), Feudi del Pisciotto (Caltanissetta), Tenute Lombardo (Caltanissetta), Tenuta Rapitalà (Palermo), tecnici e professionisti di settore, tra cui l’Innovation Broker, l’enologo Leonardo La Corte.
Lilly Fazio (Assovini Sicilia): «La ricerca obiettivo fondamentale»
«I cambiamenti climatici e le legittime attese dei consumatori e delle autorità, stimolano le aziende di Assovini Sicilia ad approfondire le tecniche agronomiche e di produzione vinicola, in particolare del Nero d’Avola, il vitigno a bacca rossa più diffuso dell’isola – dice Lilly Fazio, vicepresidente di Assovini Sicilia -. Questo studio innovativo sostenuto grazie all’indispensabile aiuto dell’assessorato regionale dell’Agricoltura che ha finanziato il progetto e dell’Irvo permette di affrontare adeguatamente le sfide globali. Investire nella scienza significa credere nelle soluzioni che ancora non conosciamo, promuovendo una società più preparata per le generazioni a venire». L’obiettivo dichiarato è di produrre vino dealcolato mantenendo al contempo l’intensità aromatica e il gusto distintivo che caratterizza il Nero d’Avola. «Il progetto InnoNDA intende apportare innovazione mediante approcci e strategie di vinificazione non applicate in precedenza per il Nero d’Avola, fornendo evidenze scientifiche atte a supportare i produttori per la crescita più consapevole del settore vitivinicolo» dice Daniela Fracassetti, del dipartimento Scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente dell’Università di Milano.
Dealcolato sì, ma il giusto
Un lavoro avviato, nelle sue fasi preliminari, ad aprile dell’anno scorso e che oggi propone i primi risultati sui diversi fronti affrontati dalla ricerca. Un primo fronte è quello della riduzione di alcol e le tecniche utilizzate per arrivare a farlo: osmosi e evaporazione. «Nel primo caso – dice Marco Parisi, enologo dell’azienda Feudi del Pisciotto – sono state fatte due prove su uve raccolte nel 2024: una con la riduzione del 2% e l’altra del 4% che in termini concreti significa aver portato il vino da 14 gradi a 12 (nel caso del 2%) e a 10 (nel caso del 4%). Nel secondo caso invece sono state fatte tre prove: 2%, 4% e 6% e quindi il vino è stato portato da 14 gradi a 12, 10 e 8 gradi». Non è estranea alla tematica della riduzione di alcol quella normativa, diciamo così: il Nero d’Avola compare in diversi disciplinari delle denominazioni siciliane e quindi bisogna capire come allineare queste nuove produzioni alle previsioni. Il settore è in una fase di studio, consapevole che non può rimanere indietro rispetto a chi, nel frattempo, si è portato avanti potendo contare su impianti all’estero (si veda Il Sole 24 Ore qui).
L’uso delle anfore di terracotta
Altro punto è quello della macerazione e affinamento in anfore di terracotta: «Sono stati prodotti vini sperimentali in anfora considerando diversi tempi di macerazione. Inoltre, è in corso la valutazione dell’evoluzione del vino Nero D’Avola durante l’affinamento in anfore di diversa porosità» si legge in un report. Altro punto di ricerca riguarda l’uso di ceppi di lievito Saccharomyces e non-Saccharomyces «per garantire una riduzione del contenuto alcolico rispetto a controlli in purezza».
Un vitigno simbolo del made in Sicily
Altro punto della ricerca riguarda la caratterizzazione dell’uva Nero D’Avola. Sono stati raccolti «campioni di uva Nero D’Avola in vigneti di due diverse età (10 anni circa e 20 anni circa) e coltivati in aree che si differenziano per il microclima e per il terreno. Le uve sono state caratterizzate chimicamente e microbiologicamente. Vini sperimentali sono stati prodotti in scala di microvinificazione seguendo lo stesso protocollo che ha previsto l’utilizzo di lieviti starter». «Il laboratorio Isvea, coinvolto in numerosi progetti nazionali e internazionali come laboratorio accreditato, ha sposato con grande interesse un progetto sulla riduzione del grado alcolico e sulla diversificazione della produzione per dare una nuova identità ad un vitigno simbolo del made in Sicily in tutto il mondo» dice Leonardo La Corte.
Fonte: Il Sole 24 Ore