Niente allungo per La Juve che frena con la Roma (0-0). L’Inter vola e il Milan è sempre più allo sbando

Niente da fare. L’allungo non c’è stato. Sarà per la prossima volta. Magari dopo la sosta per la Nazionale. Avrebbe dovuto essere il primo esame di maturità della nuova Juventus di Thiago Motta e invece alla Stadium di Torino i giovani bianconeri frenano.
Contro la Roma, una Roma ben strutturata e ordinata, finisce in parità. Uno zero a zero sostanzialmente grigio con poco spettacolo e un tatticismo esasperato che, insieme al caldo, soffoca le iniziative offensive di entrambe. Pochi tiri, quasi tutti fuori o non pericolosi. Una partita da sbadigli, insomma. Forse, a saperlo, sarebbe stato meglio allungare ancora di un giorno le vacanze.
Domanda inevitabile: per la Juve è un passo avanti o un passo indietro? Diciamo che è una pausa di riflessione poco entusiasmante La risposta potente all’Inter di sicuro non c’è stata. Una terza vittoria (dopo quelle con Como e Verona) avrebbe permesso ai bianconeri di effettuare un significativo contro sorpasso su Inter e Torino, vittoriose sabato contro Atalanta e Venezia. Invece ora sono tutte insieme in vetta a quota sette con l’aggiunta dell’Udinese che in casa supera (1-0) il Como.
E il gioco spumeggiante?E la ricerca comunque dello spettacolo?Questa volta, nonostante i tanti inserimenti effettuati da Motta, di buon calcio si è visto poco. Max Allegri può respirare. La paura di fare il primo errore ha frenato tutti, trasformando la sfida in una prevedibile partita a scacchi. Di positivo, la Juve, conferma la sua solidità difensiva. Non a caso è l’unica squadra del torneo a non aver incassato gol.

Passo avanti della Roma

Per la Roma, che doveva riscattarsi dalla sconfitta con l’Empoli, è invece un buon passo avanti. Senza brillare, con Dybala inserito dopo un’ora al posto di Soulè, De Rossi riesce a dare compattezza a un gruppo che finora era sembrato senza bussola.
Molti cambi da una parte e dall’altra. A Inizio ripresa tra i bianconeri è entrato anche Koopmeiners (al posto di Cabal) e Conceicao per Mbangula. Poi anche Douglas Luis a centrocampo e Nico Gonzalez per Vhalovic, esuberante ma molto impreciso. Pur cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non è però cambiato: niente gol. Motta ora avrà un po’ di tempo per fare qualche riflessione. Cambiare va bene. Anche premiare i più meritevoli. Ma un’ossatura a questa squadra, se vuole fare una seria concorrenza all’Inter, dovrà prima o poi darla.

L’Inter fa giocare tutti bene

Quanto all’Inter bisogna dire che vederla è un piacere. E’ la vecchia Inter dell’anno scorso lievemente rinfrescata da qualche ritocco ben riuscito. Gioca a memoria con la sicurezza che prima o poi -di solito prima – il risultato si sblocca. Il 4-0 all’Atalanta, con due gol nei primi dieci minuti, lo conferma. C’è insomma quella consapevolezza di essere più forti che fa andare tutto in buca. Lo stupendo gol di Barella è il manifesto programmatico di una squadra che gioca in scioltezza provando quei colpi che di solito che in partita non si osano.
Non era scontato: dopo lo scudetto e l’Europeo, una flessione ci stava. Succede a tutti. Come si dice? Pancia piena, gamba vuota. Non all’Inter, però dove quantità e qualità si mescolano E anche la sfida lanciata dalla Juve di Motta è vissuta nel modo migliore. Come a dire: fate quello che volete, nemici bianconeri, ma lo scudetto sul petto ce l’abbiamo noi. Siamo noi i capi branco del torneo.
Perfino l’unico suo “difetto”, la dipendenza da Lautaro, sembra ormai superato con Thuram capocannoniere con 4 gol in tre partite. Sarà interessante – forse l’unico punto interrogativo- vedere quanto inciderà nel suo rendimento la nuova Champions. Incrociare il City prima del derby non è banale. Il Milan attuale non spaventa nessuno, comunque le cose possono però cambiare.

Il Torino vola

E’ la vera novità di questo avvio di campionato. Da tempo ai piani alti non si vedeva un Toro così determinato e concreto. Tre partite non dicono molto, vero, però danno il segno di un nuovo atteggiamento, più consapevole, più pragmatico. Sette punti in tre gare, con successi su Atalanta e Venezia (e un 2-2 a San Siro col Milan) sono comunque un buon biglietto da visita per un allenatore -Paolo Vanoli – che, aprendo le finestre, ha portato aria nuova in un ambiente da troppo tempo rassegnato a un sofferente tran tran da media classifica. Con Vanoli, varesino di 52 anni, si respira un’aria nuova. Un’aria che induce ad alzare l’asticella, a provare l’effetto che fa. Lo si è visto col Milan a San Siro e soprattutto in casa con l’Atalanta, squadre in crisi quanto si vuole, ma comunque di un certo blasone. Ecco, il Torino, grazie anche ai suoi nuovi arrivi (Coco, Adams, Pedersen e Sosa, più il giovane Dembelè), non ha mai tirato il freno gettando sul campo le sue carte. Un atteggiamento coraggioso, ma non velleitario, che ha dato i suoi frutti. Anche il calendario sembra dare una spinta ai granata: dopo la sosta arrivano il Lecce e il Verona. Squadre impegnative, ma non impossibili.

Crisi Milan, una società allo sbando

Un allenatore già sotto esame. Una difesa di burro che incassa 2 gol a partita. Solo due punti in tre turni. I numeri del Milan dicono molto, ma non fotografano completamente la profondità della crisi di una squadra già alla deriva alla prima sosta della nazionale. Pareggiare (2-2) in casa della Lazio, certo, non è un risultato da buttar via. Ma il triste spettacolo che i giocatori di Fonseca hanno dato, con quella difesa incapace di reggere qualsiasi pressione, è purtroppo la spia della situazione. La situazione di un gruppo senza guida, senza cuore e profondamente spaccato al suo interno. La contestazione di Leao ed Hernandez non sarebbe grave se non fosse avvenuta nel modo che è avvenuta. Cioè dopo che i due giocatori più rappresentativi erano entrati in campo per rovesciare l’andamento di una partita ormai persa. Chiaro che i due non hanno gradito quei 70 minuti in panchina ed hanno approfittato della sosta per sottolineare, con il loro appartarsi dagli altri giocatori, tutto il loro disappunto verso Fonseca che proprio in quei minuti stava comunicando le sue direttive. “Non ci sono problemi” ha bofonchiato il tecnico ribadendo che i due hanno accettato la panchina. Ma non è vero. I problemi ci sono eccome. E non stanno tanto nel gioco che non si vede, e nella difesa ballerina, problemi forse risolvibili. Ma in una società totalmente assente che lascia sulle fragili spalle di Fonseca responsabilità che neppure lui ha.
Ma come? I migliori voltano la faccia all’allenatore e nessuno interviene? Ma Ibrahimovic è sempre in vacanza a postare selfie sui social? Beato lui. Il Milan non è come l’Inter che gioca a memoria e i nuovi si inseriscono in un gruppo ben collaudato. Nei rossoneri non c’è un capitano carismatico, che prenda in mano la situazione. Tolto Pioli che l’anno scorso era il collante, ora ognuno va per la sua strada. Molti non si conoscono, ognuno parla una lingua diversa.
Siamo pronti a tutto, aveva fatto intendere la società per mezzo di Cardinale ed Ibra con Fonseca a far da imbonitore. Annunci e illusioni che hanno nascosto la verità: e cioè che il Milan, uscito Pioli, deve ripartire daccapo, con tanti giocatori da assemblare e inserire nelle caselle giuste. Ma non c’è tempo. Dopo la sosta della nazionale, e il tenero Venezia (attenzione, però…) i rossoneri hanno il derby con l’Inter. Inutile far paragoni. Nel calcio può succedere di tutto, ma questo Milan ai miracoli non sembra davvero attrezzato.

Fonte: Il Sole 24 Ore