Nikos Kazantzakis, ovvero come cambiare il mondo con le parole

Nikos Kazantzakis, ovvero come cambiare il mondo con le parole

Sarà l’anima a salvare il mondo, l’anima che ha saputo spogliarsi, isolarsi e risorgere. È possibile, davvero. Nikos Kazantzakis (1883-1957), il più grande scrittore greco del Novecento, è a Cambridge nell’estate del 1946 e il bellissimo romanzo La sublime ascesa è una sorgente di acqua che sgorga limpida e pura in poche settimane come un meta-romanzo che racconta sé stesso, i destini del mondo e una rivoluzione possibile per renderlo migliore. È il testamento dell’autore, ritrovato solo nel 2018 e diventato subito un caso letterario in Grecia, e non solo.

Rinascere dalle tragedie della guerra

La guerra è appena finita e l’intellettuale Kosmàs torna a Creta, la sua terra. Con lui c’è anche la moglie Noemi, ebrea scampata ai campi di sterminio. Fra luce e silenzi, blu e ulivi, Kosmàs ritrova una patria amata: «Creta ha qualcosa di ancestrale, di sacro, quell’amara fierezza delle madri di eroi morti per la patria». Percepisce anche l’immortalità della Grecia e della cultura del V secolo che ha fatto quella del mondo: «Creta fu la prima roccia a essere illuminata in una Europa ancora immersa nelle tenebre. E qui l’anima della mia stirpe, pensava Kosmàs, ha compiuto la sua missione fatale: ha reso Dio a misura dell’uomo». Ma non basta trovare il conforto dell’equilibrio e di una terra accogliente. Kosmàs sente che è il momento di agire, dopo gli orrori della guerra. È in capo a ognuno la responsabilità di far girare meglio il mondo: «Viviamo in un’epoca difficile, difficile oggi è anche il dovere di ognuno. Non possiamo più ingabbiare la nostra anima nelle parole: è arrivato il momento di trasformarle in azione. Abbandona carte e inchiostro. Kosmàs: basta!». E l’intellettuale parte per l’Inghilterra, dove inizia la seconda parte del romanzo e che meglio non potrebbe rispecchiare anche i travagli emotivi dello stesso autore di Zorba il greco. La rivoluzione si fa sul campo, non solo a parole: «crediamo in qualcosa che non esiste ancora, ma nel crederlo, lo stiamo già creando. … la fede, l’amore, il sangue sono gli ingredienti umani grazie a cui si plasma il non-essere, ed è così che avviene il grande balzo da una civiltà all’altra».

Rivoluzione di parole

A Londra cerca compagni di pensiero e di azione perché il nucleare è più di un pericolo e anche l’industrializzazione selvaggia. Legge, ha il fuoco dentro, e pure i travagli interiori, mentre la moglie Noemi a Creta smarrisce la vita, pur in una natura prodigiosa e materna (certe descrizioni dell’isola sono commoventi). I giorni corrono veloci, non altrettanto le azioni. Neppure a Stratford-upon-Avon, patria di Shakespeare, trova le forze per la rivoluzione e torna da dove era partito, allo spirito, alla scrittura: «ora occorre salvare il mondo – ricorda la traduttrice Gilda Tentorio nella sua introduzione – e si scrive per instaurare un dialogo». Lo spiega bene Kazantzakis, quasi in un lascito eterno: «Chi legge un testo, se vuole intenderlo davvero, deve fare una cosa sola: spezzare la buccia, dura o morbida, di ogni parola e lasciar esplodere il suo senso nel cuore. L’arte del creatore è un’operazione magica per cui l’anima umana penetra dentro le lettere dell’alfabeto; e viceversa l’arte del lettore è dischiudere queste magiche trappole e liberare il loro contenuto bruciante e soave. E sono convinto, Noemi: chi è in grado di dirigere bene la parola, può salvare il mondo».

La Grecia di allora è l’Europa di oggi

La parola sa eternare l’uomo e il mondo, credeva Kosmàs. E quanto c’è di più necessario oggi in questa Europa misera, stremata e confusa, senza ideali né menti illuminate? Come la Grecia in passato, oggi l’Europa è chiamata a «trasformare la pesante bestialità in dio, la materia in spirito». Per cui La sublime ascesa può essere letto come un romanzo contemporaneo, una faccia di noi. Che ancora non sappiamo perché lo scrittore greco mai pubblicò il libro, forse – scrive Tentorio – non era soddisfatto del risultato. Ma questo poco conta, l’importante è avere questo libro fra le mani e trovare l’equilibrio eterno della Grecia classica e l’anelito a un mondo di pace, «la visione che scalcia dentro di me come un bambino pronto a nascere».

Ps: a parte le considerazioni che avete appena letto, forse il senso dell’intero romanzo – e della vita di ciascuno – è nel segno di interpunzione che chiude le pagine di Kazantzakis.

Fonte: Il Sole 24 Ore