No al risarcimento se il racconto del fatto non è attendibile
Chi chiede in giudizio il risarcimento per i danni subiti a causa di un incidente stradale ha l’obbligo di dimostrare, prima di ogni altro elemento in fatto e in diritto, l’avvenuto evento storico, vale a dire che proprio nelle circostanze di tempo e di luogo indicate si verificò la collisione lamentata. E ciò prima ancora di poter dimostrare e provare la responsabilità esclusiva o concorrente della parte convenuta, a pena della bocciatura della domanda. Lo ha stabilito la Cassazione che, con l’ordinanza 28662 del 3 ottobre scorso, ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto «inattendibile la ricostruzione della dinamica del sinistro, avendo riscontrato plurime contraddizioni non solo circa le circostanze in cui sarebbe avvenuto l’urto, ma anche con riguardo a ciò che sarebbe avvenuto in seguito (…) oltre all’assenza di documentazione idonea».
Sia il tribunale che la Corte d’appello avevano respinto la domanda di risarcimento dei danni materiali e alla persona avanzata dal ricorrente che sosteneva di essere stato investito a bordo del motociclo dal conducente di una autovettura che non gli avrebbe concesso la precedenza. L’istruttoria svolta in corso di causa aveva, infatti, evidenziato alcune rilevanti incongruenze fra gli elementi oggettivi e la narrazione del ricorrente. In particolare, la Corte d’appello aveva rilevato una serie di contraddizioni nella descrizione della dinamica e nelle allegazioni documentali, non idonee a operare una «seria ricostruzione dell’accadimento sia sotto il profilo della responsabilità esclusiva (…) sia sotto quello della responsabilità concorsuale» del convenuto.
A nulla vale, secondo la Corte di cassazione, a superare le incongruenze e le contraddizioni di una dinamica del fatto poco credibile, invocare (come faceva il presunto danneggiato) il sistema delle presunzioni di colpa previste, proprio per i sinistri stradali, dall’articolo 2054 del Codice civile.
Rammentano infatti i giudici di Cassazione che «il giudice può rilevare d’ufficio la responsabilità di cui all’articolo 2054, comma 2, Codice civile, ma a condizione che gli siano stati prospettati ritualmente da chi agisce gli elementi di fatto da cui possa desumersi il concorso di responsabilità e ciò in ragione del fatto che l’accertamento del concorso paritario costituisce un possibile esito (di accoglimento parziale) dell’originaria domanda».
Insomma, chi vuole far valere un proprio diritto in giudizio, anche per effetto del principio della così detta “vicinanza della prova” (onere di allegare fatti che attengano alla sfera di vita prossimale e che solo la parte istante può conoscere e rappresentare in causa) ha l’onere di esporre i fatti che abbiano una soglia di credibilità e verosimiglianza accettabile prima ancora che il giudice possa dare ingresso alle prove ammissibili, per creare così il proprio convincimento sulla reale dinamica degli accadimenti narrati ed emettere una decisione.
Fonte: Il Sole 24 Ore