No alla consegna se le carceri Ue non garantiscono gli spazi minimi vitali

No alla consegna se le carceri Ue non garantiscono gli spazi minimi vitali

La consegna di un condannato può essere rifiutata se le autorità dello Stato richiedente non garantiscono, per tutta la durata della detenzione, la possibilità per il carcerato di godere di spazi in linea con i parametri della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Né esiste un obbligo di richiedere informazioni ulteriori se, da quanto emerge dai dati acquisiti, non ci sono garanzie sufficienti che la persona da consegnare, nell’ambito di un mandato di arresto europeo, sia nella condizione di godere dei tre metri quadrati, al netto degli arredi fissi e “sospesi”, nella cella che gli verrà assegnata. Tre metri che devono diventare quattro nei periodi di esecuzione aperta.

La Cassazione, con una sentenza in linea con i parametri fissati da Strasburgo, ha respinto il ricorso della pubblica accusa, secondo la quale l’estradizione in un paese Ue, nel caso esaminato la Romania, non poteva essere negata, senza chiedere maggiori spiegazioni allo Stato che aveva assicurato i metri “vitali” – almeno per parte del periodo di restrizione della libertà – senza però specificare se da questi erano detratti gli spazi per i mobili fissi al suolo, o per quelli collocati sul muro a un’altezza che impediva però il libero movimento.

La detenzione aperta e semiaperta

Per la Suprema corte, infatti, il paese che chiede la consegna è tenuto a chiarire il rispetto, per tutta la durata delle detenzione, dei parametri Cedu, che consentono di scongiurare il rischio di un trattamento inumano e degradante. Nello specifico, si era parlato di una quarantena, di 21 giorni, all’arrivo, in una stanza con spazio minimo di 3 metri quadrati.

Successivamente il condannato sarebbe stato assegno ad una struttura, rispetto alla quale non veniva dato alcun chiarimento in merito all’area fruibile. Le autorità giudiziarie avevano poi ipotizzato la detenzione semiaperta con 3 metri quadrati a disposizione e, nel caso, la detenzione aperta con quattro metri quadrati. Il tutto senza entrare nel dettaglio dello spazio effettivamente fruibile.

Per il Pubblico ministero non c’erano margini per rifiutare di adempiere alla richiesta di estradizione, semmai si poteva, e si doveva, chiedere di più allo Stato che invocava la consegna. Di avviso diverso la Cassazione che ricorda come le informazioni fornite erano tali da non poter escludere il rischio concreto di un trattamento inumano e degradante. Un rischio che uno Stato Ue non può tollerare nel rispetto dei principi fondamentali, ai quali non si sottrae l’espiazione della pena.

Fonte: Il Sole 24 Ore