Non è tutto oro quello che si chiama AI:  dubbi su SMCI che crolla al Nasdaq

Forse non è tutto oro quello che luccica nel variegato mondo delle società che, puntando alle strabilianti valutazioni di Borsa, si sono autoproclamate campioni dell’intelligenza artificiale. Il fondo attivista Hindenburg Research ha lanciato pesanti accuse di manipolazione contabile e anomale fatturazioni con società correlate che mettono in dubbio la veridicità dei ricavi di Super Micro Computer Inc. (SMCI), una società tecnologica basata nella Silicon Valley e quotata al Nasdaq.

A fine 2023 SMCI valeva in Borsa 290 dollari per azione, poi il boom dell’intelligenza artificiale l’ha portata a superare quota 1.000 dollari a inizio marzo e si è mantenuta attorno ai 900 dollari fino a luglio. Dopo i deludenti risultati trimestrali, la bolla ha iniziato a sgonfiarsi e i titoli sono arrivati a perdere il 30% circa in un mese e mezzo. Ma il vero e proprio crollo è arrivato ieri (-25% alle 20, ora italiana) dopo i timori degli investitori per le accuse del fondo Hindenburg sulla reale consistenza dei ricavi di SMCI. Accuse a cui la società non ha risposto nel merito limitandosi in avvio di contrattazioni, e così peggiorando il sentiment degli investitori, ad annunciare il rinvio a data da destinarsi del bilancio annuale. Il lungo e dettagliato rapporto di Hindenburg Research, che ha anche annunciato di aver aperto una posizione al ribasso sulle azioni di Super Micro Computer, parla di «comprovate transazioni tra parti correlate non dichiarate» e «di inosservanza delle normative sul controllo delle esportazioni».

La lista delle accuse è lunga e parte da quando, già nel 2018, SMCI fu delistata d’urgenza dopo l’accertamento di trucchi contabili che portarono poi nel 2020 a sanzioni da parte della Sec. Tutti i dirigenti coinvolti nelle operazioni contestate furono allontanati ma poi dopo soli tre mesi, sostiene Hindenburg, richiamati con vari incarichi nel gruppo. Tra le operazioni con parti correlate anomale, il rapporto del fondo mette sotto la lente soprattutto quelli con due società (Ablecom e Compuware), che sono controllate dal fratello del ceo di SMCI Charles Liang e che hanno incassato 983 milioni di dollari in tre anni. Entrambe le società non paiono avere altri clienti dato che, sempre secondo Hindenburg, i ricavi derivanti da SMCI sono pari al 99,7% del totale.

I “magheggi” contabili non si limitano a questo ma riguardano anche le forniture di tecnologia alla Russia. La società americana ha dichiarato di non aver più effettuato affari con Mosca da quando sono scattate le sanzioni post guerra in Ucraina. Il rapporto del fondo Hindenburg sostiene invece che, dopo avere analizzato 45.000 transazioni, SMCI abbia triplicato i suoi ricavi verso la Russia triangolando le forniture tramite società veicolo costituite ad hoc in Turchia.

Fonte: Il Sole 24 Ore