Nucleare, l’Italia al test dei mini reattori e del deposito nazionale. Ecco cosa succederà

Con l’ultima strategia energetica pubblicata dal governo, l’Italia ha deciso di puntare sul ritorno al nucleare con l’istituzione di un gruppo tecnico incaricato di riordinare il quadro legislativo e con la previsione di una quota di energia da fonte nucleare nel Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) che dovrà essere garantita soprattutto da piccoli reattori modulari (Smr). Ma la sfida dei mini reattori non è l’unico test che attende il Paese impegnato altresì nella realizzazione di un deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi: un tassello, quest’ultimo, su cui l’esecutivo ha definito una road map molto precisa ribadita di recente dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Delle due partite abbiamo parlato in una intervista doppia con Alessandro Dodaro, responsabile del Dipartimento Nucleare dell’Enea, e con Mario Lazzeri, assistente esecutivo dell’ad di Sogin.

I piccoli impianti modulari

I piccoli impianti modulari (Smr) sono, come detto, al centro della strategia del governo. «Questi reattori – ha spiegato Dodaro – sono progettati per essere realizzati in maniera modulare ed essere poi trasportati sul sito in cui vanno installati. In questo modo si recupera l’effetto scala dovuto alle piccole dimensioni del reattore grazie a una produzione di serie che minimizza i costi. I criteri di sicurezza rimangono identici a quelli dei reattori di terza generazione di taglia più grande e dovrebbero essere la risposta al nucleare del futuro». l

L’expertise italiana sul nucleare

Dodaro ha quindi sottolineato «che la piccola dimensione significa un minore investimento almeno iniziale per la realizzazione dell’impianto e questo, in un Paese come l’Italia che si sta riavvicinando al nucleare, renderebbe più facile la realizzazione». Il responsabile del dipartimento Nucleare dell’Enea ha ricordato la quota di energia da nucleare ipotizzata nel Pniec e ha chiarito che sarebbe prodotta «con una serie di piccoli reattori realizzati nei punti dove è maggiore l’interesse e maggiore la necessità di energia elettrica. Può essere la soluzione ideale e per l’Italia può essere la soluzione migliore in cui noi abbiamo grande esperienza perché il tessuto industriale italiano è rimasto ancorato e continua a lavorare nel settore nucleare all’estero. E quindi non partiremmo proprio da zero.

Il ruolo della differenziazione delle fonti

Per Dodaro l’apporto assicurato dal nucleare è cruciale ai fini della differenziazione delle fonti «che è un aspetto fondamentale in qualsiasi mix energetico non solo in quello italiano. Ed è importante che si continui a investire nelle fonti rinnovabili perché loro dovranno fornire la maggior parte dell’energia elettrica prodotta in Italia, ma da sole non bastano. Perché, per utilizzare un mix che vede solo fonti rinnovabili, è necessario creare dei sistemi di accumulo di notevolissime dimensioni e con costi molto alti. Affiancare alle fonti rinnovabili una certa percentuale di di energia nucleare o comunque di una fonte che sia continua e garantita 24 ore al giorno indipendentemente dalle stagioni e dalle condizioni climatiche è, dunque, fondamentale e questo potrebbe essere il ruolo del nucleare. Senza tralasciare – ha ricordato ancora Dodaro – il sostegno che il nucleare potrebbe garantire ai settori energivori».

Il cronoprogramma del deposito nazionale

Quanto al deposito nazionale, si tratta, ha spiegato Lazzeri, «di una infrastruttura di superficie per la gestione in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti in Italia. Il deposito ha due scopi: il primo è quello di realizare lo smaltimento definitivo di tutti i rifiuti a molta bassa e a bassa intensità che sono i rifiuti la cui radioattività decade a valori trascurabili dopo 300 anni. Il secondo scopo, invece, è la realizzazione dello stoccaggio temporaneo sicuro dei rifiuti ad alta intensità e la cui radioattività decade dopo migliaia di anni. Lo smaltimento di questi ultimi avviene oggi nei depositi geologici e, quindi, in attesa di trovare una sistemazione idonea idonea in un deposito geologico, questi rifiuti vengono stoccati temporaneamente all’interno del deposito nazionale». I cui tempi di realizzazione, anche in base al cronoprogramma fornito dal ministro Pichetto Fratin in una recente audizione, sono i seguenti: entrata in esercizio nel 2039 «con l’ottenimento dell’autorizzazione unica all’esercizio nel 2029 e la selezione del sito indicativamente nel 2027», ha precisato Lazzeri.

Fonte: Il Sole 24 Ore