Nucleare, pronta la proposta di legge delega. Attesa per la jv tra Enel, Ansaldo e Leonardo
Il disegno di legge delega per poter abilitare in Italia la produzione di energia nucleare tramite le nuove tecnologie dei mini reattori dovrebbe andare all’esame degli uffici di palazzo Chigi a giorni. Il ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin sembra intenzionato a mantenere la promessa fatta nell’autunno scorso di riuscire a portare all’esame di uno dei primi consigli dei ministri del 2025 la bozza di framework per far ripartire la ricerca anche in Italia e gettare le basi per la produzione, in futuro, dei mini reattori nel nostro paese.
Presto la proposta all’esame degli uffici di palazzo Chigi
«I miei uffici stanno trasmettendo la proposta di legge delega a Palazzo Chigi per le valutazioni di ordine giuridico. Appena il dipartimento avrà svolto la propria valutazione di ordine giuridico, ci sarà la valutazione di ordine politico del Consiglio dei ministri», ha assicurato. La proposta normativa arriva alla conclusione del lavoro della Piattaforma Nazionale per un nucleare sostenibile, che ha elaborato dati e valutazioni tecniche, per arrivare alla definizione di un Programma Nazionale per il nucleare sostenibile. Il gruppo di lavoro che ha condotto questa disamina è guidato dal professor Giovanni Guzzetta e il mandato è quello di rivedere la legislazione di settore. Tutto questo era stato spiegato nei mesi scorsi dallo stesso ministro in occasione di un’audizione alla Camera davanti alle Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive, in merito all’indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione. Va comunque ricordato che queste tecnologie, ancora in fase di studio, non saranno disponibili prima del 2030.
Nel piano per il clima i primi 400 mw da nucleare attesi nel 2035
«Una transizione sostenibile, sicura e competitiva – aveva detto Pichetto – può essere traguardata solo abilitando tutte le tecnologie, esistenti e future. Ciò significa valutare la generazione di energia da fonti rinnovabili, da gas e, in modo scientifico e non ideologico, anche da fonte nucleare». Nel Piano nazionale integrato Energia e Clima, aveva spiegato il titolare dell’Ambiente «abbiamo scelto uno scenario nucleare “conservativo”, caratterizzato da uno sviluppo di impianti nucleari pari alla metà del potenziale massimo installabile ricavato dalle analisi della Piattaforma (400 MW elettrici al 2035, 2 GW al 2040, 3,5 al 2045 e 8 al 2050). Nel Pniec il ruolo delle rinnovabili sarà centrale: è necessario disporre di una certa quota di generazione elettrica programmabile per sostenerne lo sviluppo. Per questo una quota di energia nucleare nel mix energetico va quindi considerata non in antagonismo, ma a supporto del pieno dispiegamento delle rinnovabili, senza dover ricorrere a sovradimensionamenti del sistema, delle infrastrutture elettriche e soprattutto di impianti di accumulo di energia».
Gli Smr nei distretti industriali per ridurre il costo dell’elettricità per le imprese
Pichetto Fratin aveva allora chiarito che l’energia nucleare potrebbe essere utilizzata in maniera «particolarmente efficiente per la produzione di idrogeno e calore ad alta temperatura e per favorire la decarbonizzazione nei settori “hard to abate”». Non stiamo valutando, aveva proseguito il Ministro «il ritorno in Italia alle centrali di grandi dimensioni della prima o seconda generazione, ma abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulle nuove opportunità offerte dai piccoli impianti modulari (SMR) che presentano livelli di sicurezza molto superiori alla grande maggioranza degli impianti attuali. Sono stati analizzati e valutati anche «i reattori modulari avanzati» (AMR), in alcuni casi talmente ridotti da essere chiamati microreattori».
Fonte: Il Sole 24 Ore