Nuova class action, dalle criptovalute al lavoro appena cinque ricorsi a un anno dal debutto
A un anno dal debutto e a tre dall’approvazione della riforma della class action (legge 31 del 2019) sono solo cinque le azioni collettive intraprese finora. I rinvii dell’entrata in vigore della legge, scattata dopo 25 mesi, il 19 maggio 2021, e il ritardo nel varo del regolamento sull’elenco delle organizzazioni abilitate ad avviare le procedure (la lista dovrebbe essere online entro fine maggio mentre avrebbe dovuto anticipare l’operatività della legge) hanno infatti rallentato l’utilizzo della nuova normativa.
Anche perché la riforma prevede che la nuova class action si applichi solo agli illeciti posti in essere dopo la sua entrata in vigore, mentre tutte le violazioni commesse prima del 19 maggio 2021 seguono le vecchie (e più restrittive) regole del Codice del consumo. Tanto che le azioni basate sulla disciplina del Codice del consumo sono ad oggi molte di più di quelle cui si applica la riforma.
La situazione
Le azioni di classe viaggiano, quindi, e continueranno a viaggiare per anni, su due binari. Mentre però il censimento delle nuove class action è possibile perché sono tutte inserite sul portale dei servizi telematici del ministero della Giustizia, per le vecchie azioni collettive cui si applicano le regole del Codice del consumo non è disponibile un elenco completo. Secondo lo studio legale internazionale Cleary Gottlieb, nell’ultimo anno ne sono state avviate (fra quelle presentate e quelle per le quali è ancora in corso la raccolta di adesioni) almeno 16.
Solo cinque, invece, quelle nuove: una estinta e le altre alle battute iniziali. «Nessuna riguarda però questioni in grado di coinvolgere a livello nazionale un vasto interesse sociale o mediatico – dice Carlo Santoro, partner di Cleary Gottlieb –. Nonostante le intenzioni della riforma, la class action italiana appare quindi ancora ben lontana dallo svolgere una funzione sociale analoga a quella, ad esempio, della class action americana».
La riforma è stata varata per sanare i bachi della “vecchia” class action: in generale non molto usata, ha fruttato pochi ricorsi accolti e risarcimenti limitati. Per rafforzare lo strumento, la riforma ha inserito la class action nel Codice di procedura civile e ha allargato sia la platea dei potenziali ricorrenti (non più solo i consumatori, come con le norme precedenti, ma tutti i cittadini, le imprese e i professionisti), sia quella degli illeciti contestabili (ora includono sia le responsabilità contrattuali, già previste in precedenza, e tutte quelle extracontrattuali).
Fonte: Il Sole 24 Ore