Nuovo cinema generazionale – Il Sole 24 ORE

Nuovo cinema generazionale – Il Sole 24 ORE

Raffinatezza dei videogiochi

I videogiochi sono arrivati a un livello di raffinatezza avanguardistica ed estetica che non ha nulla di comparabile a quelli preistorici degli anni 70 e non importa se, a volte, quel mondo un po’ infantile, selvaggio e supereroico sembra pacchiano. Non lo è sicuramente, per esempio, in Dreams on a Pillow, il videogioco del palestinese Rasheed Abu-eideh che mostra com’era la Palestina prima della Nakba, catastrofe in lingua araba, termine con cui si indica la cacciata dei palestinesi dai territori dal 1948. L’intento di Dreams on a Pillow, che nasce da una storia popolare, è di dimostrare che, prima del 1948, quella terra era abitata dai palestinesi in maniera stanziale e che qui era stata sviluppata una cultura legata in maniera indissolubile al territorio. Una vera risposta politica in forma di videogioco alla cronaca che la vorrebbe terra di nessuno da “resortizzare”, restituendo il trauma collettivo dell’esilio forzato.

Baby Invasion di Harmony Korine

Uno tra i più estremi registi contemporanei, l’americano Harmony Korine, famoso per i suoi film nichilisti sul mondo dei ragazzi (per esempio, Spring Breakers, 2012) ha portato Fuori Concorso alla scorsa edizione della Mostra del cinema di Venezia Baby Invasion, 80 minuti di film strutturato come un videogioco in soggettiva, in cui il campo visuale della macchina da presa coincide con quello di uno degli attori, come se a riprendere tutto fosse l’occhio del protagonista. Baby invasion si azzarda a giocare addirittura la carta del multigiocatore, piegato all’inseguimento di un gruppo di mercenari che usano volti di neonati come avatar per attaccare anonimamente le ville dei ricchi. Quella della rapina è l’unica realtà, resa sotto forma videoludica, in una commistione stordente di chat con suggerimenti dall’Intelligenza artificiale e la colonna sonora originale di Burial come un loop ipnotico. Si ha una completa perdita di senso del reale, come un’orgia di violenza e anestetizzazione collettiva.

Angelo Duro e la comicità “dura”

Forse (alla larga e mutatis mutandis) la stessa che ha portato Angelo Duro al successo di oltre 8 milioni di incasso con Io sono la fine del mondo di Gennaro Nunziante. Nel film le uniche gag del comico siciliano che divertono sono nel trailer, in un politically uncorrect sulla traccia ma molto più spinto di Checco Zalone. Fuori dal trailer il tutto si riduce in un derby regionalistico e a una cattiveria piatta contro bambini, disabili, anziani. Un umorismo che piace ai ragazzi e lascia piuttosto interdetti gli adulti. Dove sta il guizzo, la genialità?

Interattività e cinema

Tornando a Korine, il regista ha teso nel cinema l’elastico dei nuovi mezzi tecnologici verso un limite difficile da comprendere, ma intanto ha agganciato inediti legami con il diffuso mondo dei videogiocatori, ponendo un seme di riflessione. Lo aveva fatto anche il russo Ilya Naishuller nel violentissimo Hardcore del 2015, girato anch’esso in soggettiva. Poiché qui, invece, la riflessione non c’è, il film non è diventato il cult generazionale che si proponeva di essere.Se i videogiochi entrano nel cinema, questo non vuol dire però, almeno per ora, che la prossima frontiera del cinema sarà l’interattività. Ci sono stati esperimenti in questo senso, come la puntata Bandersnatch di Black mirror, in cui le scelte dello spettatore determinano l’esito della trama. Ma a prescindere dai costi di produzione stellari, l’interattività è davvero ciò che chiediamo al cinema?

Emilia Pérez

Emilia Pérez, il musical sul narcotrafficante messicano che vuole diventare donna, per un attimo ha messo d’accordo le generazioni “centrali”. Dopo le dichiarazioni razziste e populiste di Karla Sofía Gascón, vedremo. Dal punto di vista “filmico”, per i giovani il musical è pane con l’infanzia passata sui balletti di TikTok. Emilia Pérez ha unito la fascia tra i cinquantenni e ventenni, tagliando però fuori gli anta avanzati, non convinti dalla miscela melodramma, telenovela e gangster movie. Gli “enni”, cui questo mix è piaciuto, si sono saldati anche sulla tutela della complessità e fluidità sessuale, per i giovani importante quanto la conservazione del pianeta. E sulla valorizzazione della collettività, sentimento perduto con il tramonto delle ideologie. Se la comunità fosse glorificata al cinema come in Emilia Pérez sarebbe meno probabile l’escalation di idiozie e violenze da social. Il cinema ha dimostrato di saper elevare la società a protagonista, per esempio, con la Commedia all’italiana, ridendo delle tragedie del Paese costruttivamente e con amore. Il videogioco, per ora ancora no.

Fonte: Il Sole 24 Ore