Occidente alla ricerca di una nuova leadership per combattere il declino

Occidente alla ricerca di una nuova leadership per combattere il declino

Le due guerre. Il protezionismo e l’interdipendenza globale. L’Europa frammentata, stretta tra Stati Uniti e Cina. La polarizzazione nell’era dei social. Le diseguaglianze in aumento. L’insoddisfazione che genera radicalismo e fiducia nei leader populisti. E ancora. Le prossime elezioni europee riusciranno a esprimere una leadership all’altezza delle aspettative e delle sfide del presente? Come muoversi in questo contesto di elevata volatilità senza farsi male? Se ne è parlato nella tavola rotonda sulla «Crisi delle leadership e declino dell’Occidente», davanti alla sala gremita di Palazzo Geremia. Con la presidente di Borsa italiana Claudia Parzani, Luigi Gubitosi, presidente della università Luiss, l’ambasciatore Pasquale Salzano, presidente di Simest, società del gruppo Cdp, che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane; Sergio Marullo di Condojanni, ceo di Angelini Industries (2miliardi $ di ricavi in 22 Paesi di tre continenti); l’economista Fabio Scacciavillani, asset manager e fondatore di Nextexperience e il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini.

Per Parzani in un momento così complesso e per certi sensi sfidante l’imperativo assoluto è quello della responsabilità di tutti gli attori, pubblici e privati. «Il primo problema è che ci sono troppi individualismi. Non è tempo di andare avanti da soli in Europa. Dobbiamo avere la porta aperta sul mondo. Ma va alzato il livello del fare squadra. Gli esempi transnazionali positivi ci sono».

Scacciavillani rileva che «la globalizzazione è fallita perché la Cina ha abusato della buona fede degli occidentali. Le asimmetrie con le quali sono state applicate le regole in Occidente e in Cina hanno causato questo». È stato fatto l’esempio di TikTok, controllata dalla cinese Bytedance, capogruppo che davanti alla prospettiva di essere bloccata negli Usa, ha avviato una causa contro il governo americano: «Pensate se un’azienda occidentale facesse ricorso contro il governo cinese: che speranze avrebbe di ottenere giustizia? Nessuna». Un vicolo stretto quello dei nuovi blocchi post globalizzazione tra Stati Uniti e Cina dal quale «è difficile uscire». Gardini di Confcooperative ha ricordato «la presunzione occidentale negli anni Novanta quando si pensava con la globalizzazione di alimentare anche la crescita dei processi democratici in Paesi come la Cina, con una spinta quasi missionaria». Il risultato? «La delocalizzazione ha causato lo sviluppo di un modello produttivo cinese in forte contrapposizione con l’Occidente».

In questo sviluppo senza regole non mancano i paradossi. Come quello di Pechino che continua a spingere i consumi energetici con le centrali a carbone per produrre i pannelli solari. A causa della sovraccapacità produttiva come sta succedendo per le auto elettriche, si manda in crisi la produzione europea e occidentale. «Bisogna alzare il livello delle politiche europee, che siano davvero rivoluzionarie e possano aiutarci a fare la differenza, con misure di difesa protezionistiche attive, che aiutino le imprese Ue» sostiene il presidente di Confcooperative.

Gubitosi ritiene che sia «esagerato parlare di declino dell’Occidente». Gli Stati Uniti restano la prima potenza economico finanziaria mondiale e lo resteranno. Certo «ci sono importanti preoccupazioni geopolitiche. Non solo le guerre, anche «le sfide future dell’intelligenza artificiale. Settore dove si compete su tre fattori: i dati, il pc computing e gli algoritmi. TikTok ha tutti i dati personali dei cinesi, e anche di tanti Paesi occidentali. È normale che ci siano preoccupazioni. In un mondo multipolare è importante trovare delle regole».

Fonte: Il Sole 24 Ore