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Occorre dichiarare il corrispettivo in cripto per le opere digitali
Costituisce dichiarazione infedele l’omessa indicazione, nella dichiarazione dei redditi, dei proventi conseguiti tramite l’accredito di criptovalute, derivanti dalla cessione di opere d’arte o dell’ingegno digitali, incorporate in un non fungible token. Ovviamente a condizione che il valore dei proventi, convertiti in valuta corrente, superi le soglie di punibilità. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza n. 8269 della Terza sezione penale depositata ieri.
I fatti
La Corte ha respinto, perché infondato, il ricorso presentato dalla difesa che aveva valorizzato la natura del tutto virtuale della fattispecie incriminata: l’imputato infatti, era la tesi sostenuta, autore di opere d’arte digitali commercializzate attraverso la creazione e rivendita di Nft con pagamenti attraverso criptovalute, si sarebbe sottratto all’applicazione dell’articolo 53 del Tuir, che riguarderebbe piuttosto altri e più tangibili casi, che considera redditi da lavoro autonomo e quindi tassabili quelli derivanti dall’utilizzo economico di opere dell’ingegno.
Oggetto della transazione economica, infatti, è, per la difesa, non l’opera d’arte digitale, ma il suo Nft, certificato digitale che ne attesta la proprietà e l’autenticità digitale.
L’orientamento della Cassazione
Una posizione respinta dalla Cassazione che, dopo aver compreso nell’area delle opere artistiche anche quelle di cybergraphic, osserva che l’Nft deve essere considerato come strumento rappresentativo di un altro bene che ne “incorpora”, seppur virtualmente, tutte le caratteristiche e le specificità, «di tal che l’eventuale reddito derivante all’autore dell’opera artistica della cessione dello strumento che la contiene (si immagini analogamente a quanto avviene per il supporto digitale sul quale è riprodotto un brano musicale) è indubbiamente un reddito che a quello deriva dalla commercializzazione dell’opera dell’ingegno da lui creata».
Del resto, prosegue la Cassazione, se è fonte di reddito imponibile la compravendita di titoli rappresentativi di merci, analoga conclusione deve riguardare il traffico di un altro genere di strumenti se comunque indici di beni patrimonialmente valutabili.
Fonte: Il Sole 24 Ore