Olimpiadi, Italia promossa. Ma servono riforme e organizzazione per continuare a vincere

Olimpiadi, Italia promossa. Ma servono riforme e organizzazione per continuare a vincere

Dal nostro inviato a Parigi – In Francia meglio che a Tokyo. Sorride lo sport azzurro salutando Parigi e la Torre Eiffel. Ci confermiamo nella Top10 dello sport mondiale, migliorando qualitativamente il bilancio già record dei Giochi nipponici, maturati e poi sfregiati nel tempo amaro della pandemia. Vinciamo medaglie nella scherma, nel nuoto, nell’atletica leggera e nella ginnastica artistica e ritmica, che sono le colonne portanti dell’olimpismo. Trionfiamo alla grande anche nella classifica dei quarti posti, a conferma della profondità del nostro movimento sportivo. Tutto bene quindi? Sì certo, ma anche no, nel senso che i numeri vanno letti in profondità, soprattutto in un’Olimpiade complessa come quella parigina, la cui eredità sportiva e geopolitica si riverbererà a lungo nelle relazioni internazionali e solo nell’ambito dell’olimpismo.

Niente Russia

Medagliere ricco, nulla da obiettare quello azzurro. Ma certo l’assenza della Russia come conseguenza dell’invasione dell’Ucraina ha ‘liberato’ un bottino di 71 medaglie, quello appunto conquistate dallo sport russo (qui ridotto a una rappresentanza pulviscolare) a Tokyo. Chi le ha prese? Affidandoci a una valutazione empiricamente matematica, ha fatto man bassa la Francia padrona di casa, e anche la Corea del Sud (dieci medaglie in più) aumenta significativamente il bottino rispetto a tre anni fa, entrando nella Top10 proprio al posto della Russia. Tiene il Giappone (come solitamente accade a chi ha ospitato l’Olimpiade precedente) mentre quasi non stupisce più il fenomeno Paesi Bassi, che si conferma tra le potenze olimpiche mondiali sia ai Giochi estivi che invernali, malgrado una popolazione di poco più di 17 milioni di abitanti.

Quarti posti

In questo scenario, quindi, possiamo dire che (come altri del resto) poco siamo stati capaci di approfittare dello spazio lasciato libero dalla Russia nel medagliere. E altrettanto poco vale specchiarci nella classifica delle medaglie di legno, non tutte figlie della sfortuna o del caso: alcune sono delle vere e proprie vittorie su cui costruire per il futuro (ad esempio, proprio il tanto discusso quarto posto di Benedetta Pilato nei 100 rana). Ed inutile discutere di millesimi o centimetri mancanti: nello sport professionistico al massimo livello quelli fanno la differenza e spesso sono la conseguenza di lavoro, qualità, capacità di adattamento, insomma tutto ciò che porta alla conquista di una medaglia olimpica. Vero però che siamo saliti sul podio olimpico in 15 discipline, segno che diversamente da altri Paesi, sappiamo eccellere un po’ ovunque, il che è un gran merito.

Sistema asimmetrico

Merito, quello di cui sopra, ingigantito dalle asimmetrie proprie del nostro sistema sportivo, che poggia su società dilettantistiche e gruppi militari e che invece ben poco ricava da scuola e università, per ben noti e cronici deficit strutturali e culturali. Limite non da poco non tanto e non solo per l’attività di vertice, bensì in particolare per l’avviamento allo sport e l’educazione motoria di base. La speranza è che i riflessi delle medaglie parigine illuminino anche questo (ampio) lato oscuro nel nostro sistema educativo-sportivo.

Squadre

L’Italvolley donne di Julio Velasco ci ha riportato nel cuore di un’Olimpiade (e anzi sul gradino più alto del podio) per ciò che riguarda i grandi tornei a squadre. Presenza tuttavia che si è fatta nel corso delle edizioni estive sempre più difficile e occasionale (al netto dei torti subìti stavolta dal Settebello, e del cronico disinteresse del nostro calcio). I motivi sono diversi e noti, ma urgono due provvedimenti-chiave per allargare la base da cui attingere: 1) lo ius soli (non solo sportivo, ma almeno quello); 2) misure fiscali che – in assenza di cambiamenti normativi a livello Ue – rendano più vantaggioso (o almeno in pari misura) per i club investire su giocatori italiani.

Fonte: Il Sole 24 Ore