Operai specializzati e informatici tra i profili più richiesti dalle Pmi

Operai specializzati e informatici tra i profili più richiesti dalle Pmi

Se c’è una sfida che le Piccole e medie imprese devono affrontare sul lavoro questa è l’attrazione e il mantenimento al proprio interno dei talenti. È un tema da sempre molto dibattuto nelle grandi aziende ma che oggi sta diventando cruciale anche per quelle che hanno dimensioni più piccole ed è vitale che investano in tecnologie avanzate, così come nella formazione continua e nello sviluppo di piani di welfare per i lavoratori. Adecco ha realizzato un’indagine proprio per capire a che punto sono le Pmi sulla talent attraction e per colmare eventuali gap, prendendo un campione di 828 aziende in tutta Italia: il 72% tra 0 e 49 dipendenti e il 28% tra 50 e 250. Il dato più significativo che è emerso è che il 32,4% fa fatica ad attrarre talenti per via dell’offerta di percorsi meno accattivanti rispetto a quelli delle grandi aziende. Il 21,4% è ostacolato dalla minore riconoscibilità del brand e il 18,8% dall’implementazione di politiche di welfare meno strutturate.

L’evoluzione del mercato

L’amministratore delegato di Adecco Italia e presidente di The Adecco Group, Angelo Lo Vecchio ci spiega però che «in un mercato in continua evoluzione, le Pmi italiane sono chiamate ad innovarsi per attrarre e trattenere talenti. Oggi, i lavoratori cercano non solo opportunità di crescita, ma anche un ambiente che offra flessibilità, un maggiore equilibrio vita-lavoro e opportunità di sviluppo. Le aziende hanno la responsabilità di intercettare le esigenze dei propri dipendenti e ascoltarne i bisogni con uno sguardo, in particolare, alle nuove generazioni, che rappresentano un target strategico per il futuro del nostro Paese».

Le Pmi in Italia

Quando parliamo di Pmi, parliamo del tessuto imprenditoriale del nostro Paese, tant’è che se prendiamo una società come Adecco, che è la prima agenzia del lavoro in Italia, sono quasi 55mila le persone che impiega ogni giorno in Italia, di cui il 50% a tempo indeterminato. Il rapporto con le Pmi è fondamentale, come ricorda Lo Vecchio, perché il 90% delle 11mila aziende clienti sono Pmi e il 65% delle ricerche vengono effettuate proprio per le Pmi, una percentuale che racconta quanto questo segmento sia importante nel mercato del lavoro. Se guardiamo al panorama italiano, lavora in una Pmi il 76% degli occupati.

Le strategie per attrarre talenti

I dati della ricerca dicono che le Pmi per far fronte alla minore attrattività che hanno sul mercato del lavoro adottano diverse strategie per fidelizzare i propri dipendenti. Alcuni esempi si trovano nell’offerta di percorsi di formazione interni ed esterni, una pratica piuttosto comune che si ritrova nel 33,3% delle aziende intervistate, seguita da bonus economici basati su obiettivi aziendali e personali (25,1%). Rappresenta però un campanello d’allarme il fatto che ben il 15% delle aziende non implementi alcuna attività di fidelizzazione e su questo sicuramente c’è molto da fare. Considerando dimensione aziendale e distribuzione geografica, le piccole imprese puntano sull’offerta di formazione, come dice il 35%, soprattutto al Sud dove, però, in molti altri casi (circa il 25%), non viene implementata alcuna attività. Le medie aziende, invece, sono più attente all’offerta di piani welfare che garantiscano un maggior benessere ai lavoratori, puntando soprattutto sulla flessibilità oraria, come afferma circa il 40%. Al Sud, una quota importante di Pmi, circa il 45% del totale, dice di non mettere in pratica nessun tipo di servizio di welfare.

Il mismatch

L’attrazione dei talenti non costituisce l’unico ostacolo per le Pmi. Sullo sfondo c’è infatti anche il mismatch di competenze sul mercato del lavoro, un tema di sempre maggior rilievo, al punto che più del 40% delle aziende intervistate evidenzia particolari difficoltà nella ricerca di competenze specialistiche: tra le skill più richieste ci sono quelle di produzione, che sono le più difficili da trovare tra i candidati secondo il 20% delle imprese. Seguono le competenze informatiche e digitali (16,4%), commerciali (15,7%) e ingegneristiche (14,1%).

Fonte: Il Sole 24 Ore