Organoidi, la mente è un mosaico ricco di sfumature

Organoidi, la mente è un mosaico ricco di sfumature

Concepire la complessità della mente umana come un mosaico, composto di infinite sfumature, è il punto di partenza per ripensare la ricerca sul neurosviluppo. Per anni, lo studio delle malattie neuropsichiatriche ha seguito una logica binaria, categorizzando le persone-pazienti con criteri netti, come se la biologia umana fosse un sistema a silos rigidamente definibili e definiti. Oggi questa visione è superata (almeno scientificamente) e la neurodiversità è anzi diventata un elemento cardine per comprendere più a fondo anche condizioni come epilessia e schizofrenia e sviluppare – in prospettiva – terapie più efficaci.

Testa: «La varietà biologica è un continuum»

«La varietà biologica è un continuum: ciascuna persona presenta sfumature uniche che vengono a perdersi quando le si costringe in classificazioni nette, ed è proprio questa la complessità che stiamo imparando a riconoscere e a capire», spiega Giuseppe Testa, direttore del Centro di Neurogenomica di Human Technopole e professore di biologia molecolare all’Università Statale di Milano. «Questa nuova prospettiva non è solo teorica, ma ha implicazioni pratiche nel lavoro scientifico, perché cambia il modo in cui vengono sia condotte le ricerche sia interpretati i dati, dunque sviluppate soluzioni più mirate».

La tecnica degli organoidi a mosaico

Un nuovo studio realizzato dal gruppo di Testa e pubblicato su Nature Methods qualche giorno fa dimostra come, attraverso la tecnica innovativa degli organoidi a mosaico, sia possibile includere molte più diversità, migliorando il valore dei dati raccolti e l’accuratezza dei risultati. Inoltre, i modelli computazionali e predittivi superano i metodi tradizionali, rendendo i risultati più affidabili e applicabili su larga scala. «Gli organoidi sono modelli cerebrali coltivati in vitro, capaci di replicare alcune caratteristiche dello sviluppo del cervello umano», continua Testa. «L’aspetto dirimente è la possibilità di generarli a partire da cellule staminali indotte, ottenute in modo non invasivo da un semplice prelievo di sangue, dalla cute o persino dal sedimento urinario». Questo significa, semplificando, che per ogni persona si può avere un modello di cervello in vitro, un avatar biologico che consente di studiare lo sviluppo neurale in modo individualizzato. Il vantaggio, con gli organoidi, è che si può passare dalla ricerca su modelli standardizzati alla medicina personalizzata. «Negli studi che avvengono solo in vitro, finora si è arrivati a una varietà dai 3 ai 10 individui», evidenzia Emanuele Villa, ricercatore senior allo Human Technopole. «Oggi la biologia di laboratorio si combina con la bioinformatica grazie al sequenziamento genico, e con la tecnica a mosaico diventa possibile avere a disposizione più dati e includere in maniera strutturale una maggiore varietà di casi».

Minori tempi di ricerca

A questo si aggiunge un ulteriore beneficio: se conosciamo la storia clinica dell’adulto da cui è stato ottenuto l’organoide, la riproduzione in vitro del suo cervello (con lo sviluppo della sua intelligenza) ci aiuta a decifrare meglio le eventuali vulnerabilità genetiche. E invece di testare un nuovo farmaco su una singola linea cellulare, gli scienziati possono valutare subito come reagisce su un insieme di persone con caratteristiche diverse. «Grazie ai metodi per amplificare la varietà, una ricerca che in passato avrebbe richiesto dieci anni oggi diventa realizzabile in due o tre», sottolinea Testa. «Non è solo una questione di tempo: fa la differenza tra l’impossibile e il possibile, tra studi destinati a restare su carta e scoperte che possono davvero far progredire la medicina». Un approccio di questo tipo riduce il rischio di sviluppare farmaci inefficaci o con effetti collaterali imprevisti, accelerando la ricerca e aumentando la probabilità di successo. Un’evoluzione che non riguarda solo il mondo scientifico, ma può avere un impatto culturale. Se in questo momento storico il pensiero binario e le classificazioni rigide stanno tornando a essere dominanti in molti ambiti, la scienza dimostra invece che la realtà biologica è una varietà di sfumature senza categorie rigide. Studiando il cervello umano con modelli sempre più avanzati, ci accorgiamo che non esiste un’unica forma di intelligenza, di tipicità o di funzionamento neurologico. «Oggi gli scienziati ragionano in termini di spettro, il che giustifica ancora di più la necessità di considerare tante persone con condizioni diverse neurodivergenze per comprendere meglio il neurosviluppo, oltre alla patogenesi delle malattie che riguardano il cervello», specifica Nicolò Caporale, medico e ricercatore all’Università di Milano e allo Human Technopole. Questo intreccio tra ricerca e società evidenzia come l’innovazione tecnologica e le scienze della vita si influenzino, aprendo nuove prospettive di conoscenza. «Si potrebbe pensare che tutto il progresso nella ricerca neuropsichiatrica dipenda oggi da ciò che avviene in silico tra intelligenza artificiale ed elaborazione di dati digitali», chiarisce Testa. «In realtà, seppure siano strumenti utilissimi, senza gli avanzamenti nel campo della biologia sperimentale, come la crescita di cellule e organoidi in laboratorio per estrarre informazione autentica dal genoma di ciascuno, gli algoritmi da soli non potrebbero generare nuovi saperi».

Fonte: Il Sole 24 Ore