OroArezzo archivia l’edizione della ripartenza. Boom di buyer da nuovi mercati
I punti chiave
- 300 aziende tra oreficeria e tecnologia, quasi tutte italiane, hanno esposto a OroArezzo
- Niente buyer da Cina e Russia, ma arrivi da Paesi non tradizionali
- Nel 2021 la gioielleria e oreficeria made in Italy ha esportato un valore di otto miliardi di euro
L’industria orafa italiana fa un altro passo verso la riconquista di mercati e clienti spazzati via dalla pandemia, e lo fa ad Arezzo, sede di uno dei più importanti distretti del Paese.Dal 7 al 10 maggio, infatti, è tornata in presenza, a tre anni dall’ultima edizione, la storica fiera OroArezzo, organizzata da Italian exhibition group (Ieg).
Con un numero ridotto di espositori rispetto al passato (300 aziende tra oreficeria e tecnologia, quasi tutte italiane) e con i buyer ancora alle prese con le restrizioni Covid, il rischio di vedere pochi incontri e pochi affari era alto. Un rischio amplificato, tra l’altro, dall’affollamento di fiere internazionali negli ultimi tre mesi, da Dubai a Vicenza fino a Istanbul.
E invece le aziende hanno apprezzato l’edizione (la 41esima) della ripartenza, che si è tenuta in una fase di mercato tutto sommato positiva, nonostante le turbolenze legate alla guerra, all’aumento dei costi e all’oscillazione del prezzo dell’oro.
«Il fatto di aver potuto incontrare di nuovo fornitori, clienti e amici è stato importante – spiega Giordana Giordini, presidente della sezione Orafi di Confindustria Toscana sud (Arezzo, Siena, Grosseto) e titolare del marchio Giordini Gioielli – i compratori sono stati in numero inferiore rispetto al passato, ma l’elemento positivo è aver visto buyer nuovi, che non si intercettano nelle altre fiere». Sudamerica, Sudest asiatico con Malesia, Indonesia e Vietnam, ma anche Kosovo sono state le “sorprese” dell’edizione che Ieg definisce «permeata da un sentiment diffuso di fiducia verso un percorso di ripartenza, grazie alla decisiva sinergia di sistema generatasi tra i protagonisti».
La presenza di buyer da mercati non tradizionali è stata apprezzata da Maria De Toni, titolare dell’omonimo marchio vicentino che realizza gioielli di design ispirati alle culture del mondo: «Questa edizione di OroArezzo è stata superiore alle aspettative – dice la stilista-imprenditrice – perché l’azione coordinata di Ieg e Ice ha portato buyer da Paesi come la Giordania, il Libano, il Giappone e anche l’Europa. Mentre in marzo, quando si è tenuta la fiera di Vicenza, in molti Paesi c’erano ancora restrizioni di viaggio, qui si è vista una pluralità di mercati. Per noi è stata la migliore edizione di OroArezzo degli ultimi dieci anni».
L’assenza dei compratori russi (per la guerra) e cinesi (per il Covid), e la scarsa presenza di quelli americani, naturalmente si è sentita, considerata l’importanza di quei mercati per il settore. «Ma in un momento come questo, in cui le nubi non si sono diradate, la fiera ci ha permesso di incontrare aziende significative – afferma Gino Di Luca della napoletana Cameo Italiano, produttore di gioielli a forte contenuto artigianale secondo la tradizione del cameo – provenienti sia dalle Americhe che dall’Europa e dal bacino del Sudest asiatico. Ci sono state presenze qualificate, che confermano come il gioiello made in Italy sia apprezzato e ricercato».
OroArezzo ha aperto nuovi orizzonti commerciali anche per il brand aretino Graziella Braccialini, impegnata a diversificare la distribuzione, che segnala gli incontri con operatori provenienti da Sudamerica e Centro America. «Il ritorno in presenza di OroArezzo – afferma Eleonora Gori, responsabile commerciale di Graziella Braccialini – è un ottimo segnale per il settore orafo e per il nostro territorio. La fine del Ramadan ha limitato la partecipazione degli operatori arabi, nonostante questo il bilancio resta positivo per la generale ripartenza del comparto e per i nuovi rapporti commerciali avviati, che permettono di guardare con ottimismo al prossimo semestre». Nel 2021 la gioielleria e oreficeria made in Italy ha esportato un valore di otto miliardi di euro: la sfida è fare meglio.
Fonte: Il Sole 24 Ore