Panetta: “L’esito delle operazioni bancarie affidato al mercato e alle scelte degli azionisti”

Panetta: “L’esito delle operazioni bancarie affidato al mercato e alle scelte degli azionisti”

Posizione patrimoniale netta dell’Italia sull’estero ha superato 12% del Pil

Ma è altrettanto essenziale attuare il Piano strutturale di bilancio a medio termine elaborato dal Governo e approvato a gennaio dal Consiglio della Ue. “La gestione prudente dei conti pubblici sta già dando frutti, con una riduzione del differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e tedeschi. Proseguire su questa strada può favorire un miglioramento dei rating del debito sovrano, ancora sui bassi livelli di quindici anni fa, quando i titoli italiani furono declassati a seguito della crisi finanziaria e della crisi del debito nell’area dell’euro. Da allora l’economia italiana ha registrato progressi in termini di stabilità finanziaria: la posizione patrimoniale netta sull’estero ha superato il 12 per cento del PIL, con un miglioramento di oltre 35 punti percentuali rispetto al 2013; il settore bancario ha fortemente accresciuto la sua redditività e la sua dotazione di capitale; il mercato dei titoli pubblici è tornato liquido ed efficiente, attirando una base di investitori ampia e diversificata. Questi fattori, insieme al riequilibrio delle finanze pubbliche, possono contribuire a ridurre ulteriormente i rendimenti sui titoli di Stato, migliorando le condizioni di finanziamento per famiglie e imprese e rafforzando la competitività del Paese.”

Il peso dei dazi Usa su Europa, Italia e Germania i più danneggiati

Un capitolo importante riguarda la strategia della nuova amministrazione statunitense, “che prevede nuovi e più elevati dazi sulle importazioni. Particolare attenzione viene rivolta ai partner con un ampio avanzo commerciale verso gli Stati Uniti. Il surplus della Cina verso l’economia americana ammontava nel 2024 a circa 300 miliardi di dollari, circa un terzo dell’avanzo commerciale complessivo cinese e un quarto del disavanzo degli Stati Uniti”. Secondo le stime Bankitalia, “se i dazi annunciati in fase pre-elettorale fossero attuati e accompagnati da misure di ritorsione, la crescita del PIL globale si ridurrebbe di 1,5 punti percentuali. Per l’economia statunitense l’impatto supererebbe i 2 punti. Per l’area dell’euro le conseguenze sarebbero più contenute, intorno a mezzo punto percentuale, con effetti maggiori per Germania e Italia, data la rilevanza dei loro scambi con gli Stati Uniti. Nella fase iniziale questi impatti negativi potrebbero essere amplificati dall’aumento dell’incertezza sulle politiche commerciali, già evidente nelle ultime settimane”.

La guerra commerciale danneggia anche chi le avvia, ipotesi “leva negoziale”

Inoltre l’imposizione di dazi elevati da parte degli Stati Uniti potrebbe spingere gli esportatori cinesi a cercare nuovi mercati per compensare il calo delle vendite sul mercato americano. “In tale scenario, le imprese italiane ed europee si troverebbero esposte a crescenti pressioni competitive da parte delle aziende cinesi, la cui specializzazione settoriale è sempre più simile a quella europea. L’esperienza storica mostra che le guerre commerciali danneggiano la crescita, anche nei paesi che le avviano. È dunque possibile che l’amministrazione statunitense stia utilizzando gli annunci sui dazi come leva negoziale per ridefinire i rapporti economici e politici con altre aree del mondo. Tuttavia, in un contesto già segnato da tensioni geopolitiche, commerciali e belliche, questa strategia potrebbe sfuggire al controllo, generando effetti ben oltre quelli desiderati15, aggravando i dissidi esistenti e aprendo nuove fratture. Soluzioni negoziali basate sulla cooperazione non solo rappresentano un’alternativa preferibile, ma sono necessarie per evitare una spirale di conflitti che minaccerebbe la stabilità globale”

Sulla crescita mondiale pesano rischi conflitti e debolezza dell’economia cinese

In generale “i rischi per la crescita restano orientati al ribasso, principalmente a causa delle tensioni geopolitiche e delle difficoltà persistenti dell’economia cinese. Anche l’elevato indebitamento globale potrebbe influenzare negativamente l’attività produttiva, qualora generasse fenomeni di volatilità o instabilità finanziaria. Infine, le politiche dell’amministrazione statunitense potrebbero avere effetti negativi sulla crescita economica e sulle condizioni finanziarie globali”. Negli Stati Uniti, dove la riduzione dell’inflazione procede in modo irregolare in un contesto di crescita robusta, la Federal Reserve sta allentando le condizioni monetarie con maggiore gradualità del previsto. “A condizionare le sue scelte contribuisce il recente cambio di amministrazione: le nuove politiche fiscali e commerciali potrebbero infatti influenzare significativamente l’economia e la dinamica dei prezzi, con implicazioni per la politica monetaria. In tale contesto dall’inizio di dicembre, nonostante il calo dei tassi di interesse a breve termine, i rendimenti a lunga scadenza sono aumentati, favorendo un apprezzamento del dollaro”

I rischi delle criptovalute, “non c’entra l’euro digitale”

Panetta poi si sofferma tra l’altro sui rischi legati alle criptoattività che non derivano soltanto dalle divergenze normative. “Non si può escludere che una o più criptoattività, incluse quelle con caratteristiche di moneta elettronica, vengano emesse da giganti tecnologici e inizino a diffondersi in Europa. Se questi mezzi di pagamento privati, facilmente integrabili in piattaforme commerciali con miliardi di utenti, dovessero diffondersi ampiamente, le conseguenze potrebbero essere rilevanti”. Le banche commerciali “rischierebbero di perdere una parte importante delle loro funzioni. Nel dibattito pubblico si sostiene a volte che l’introduzione dell’euro digitale comporterebbe questo rischio, ignorando che la vera minaccia proviene dalle criptoattività, per le quali – a differenza dell’euro digitale – non sono previsti limiti alla detenzione da parte dei risparmiatori. Inoltre le banche centrali, responsabili del buon funzionamento del sistema dei pagamenti, si troverebbero a operare in un contesto in cui pochi soggetti privati, magari esteri, avrebbero un ruolo così rilevante da compromettere la stabilità del sistema in caso di incidenti. I rischi per il sistema dei pagamenti e i mercati finanziari sarebbero dunque considerevoli”

Fonte: Il Sole 24 Ore