Pasquale De Sena «il reato universale deve rispondere a interessi largamente condivisi»
Per Pasquale De Sena, ordinario di diritto internazionale all’Università di Palermo e presidente della Società italiana di Diritto internazionale e dell’Unione europea, una forzatura giuridica l’estensione del reato universale al cosiddetto utero in affitto
Il contenuto della proposta di legge, presentata dal governo, può rientrare nel concetto giuridico di reato universale?
In realtà, la proposta di legge semplicemente estende le pene previste dall’articolo 12 della legge 40, che vieta la maternità surrogata, all’ipotesi in cui questa sia stata praticata all’estero da cittadini italiani. Una disposizione che, secondo qualcuno, istituirebbe un “reato universale”, ma in realtà non ha nulla a che vedere con le fattispecie criminose internazionali in senso proprio, dal momento che essa non è imposta da alcuna norma internazionale
Quali sono le ipotesi alle quali invece si applica oggi?
Si può pensare ad esempio, al reato di tortura, previsto da una convenzione del 1984, ma introdotto in Italia solo nel 2017, o al genocidio. Il disegno di legge neppure si riferisce ad una figura di reato che risponde a interessi largamente condivisi sul piano “universale”. Basta considerare che in molti Stati tale pratica non è repressa penalmente, ad eccezione dei casi in cui è effettuata per motivi di lucro. Si tratta dunque di una definizione fuorviante.
L’estensione del reato universale alla gestazione per altri è comunque una via percorribile?
Se è vero che la modifica in questione non è imposta da alcuna norma internazionale, essa neppure è vietata. Nel contesto europeo, la Corte europea dei diritti dell’uomo, che si è recentemente occupata della questione, non ha mai negato la possibilità degli Stati di scegliere autonomamente i propri indirizzi sanzionatori in tema di maternità surrogata, e si può dunque ritenere che l’estensione della sua punibilità rientri in tale libertà.
Fonte: Il Sole 24 Ore