Pasquetta con l’Inter. Il Milan risorge, la Juve sprofonda
Giustamente schiacciato dalle straripanti prodezze di Jannik Sinner, che battendo a Miami il bulgaro Dimitrov (6-3 6-1) si prende il titolo e la sontuosa poltrona di numero due del mondo, il campionato di calcio, fermo nella domenica di Pasqua, si guarda attorno con l’aria un po’ stranita del turista incallito che ha perso la prenotazione. Dove sono? Perchè sono qui? Ritorno o mi faccio anche la gita di Pasquetta?
In effetti urge un breve ripassino perchè il caos regna sovrano e le questioni aperte sono tante. Per cominciare lo scorso sabato, dopo la sosta della nazionale, c’è stato un primo giro di giostra dove, a parte la capolista Inter (in campo stasera a San Siro con l’Empoli), hanno giocato quasi tutte le big. Le chiamiamo big per intenderci perchè ormai, in zona Champions, c’è una grande ammucchiata con la Juve (sconfitta anche all’Olimpico dalla Lazio) che perde pezzi per strada rischiando di trasformare una stagione grigia in una specie di indifendibile commedia da non replicare.
Pioli risorge, Allegri sprofonda
Ma procediamo con ordine. Chi se la passa bene, incredibilmente bene dopo tutti i fischi e gli sberleffi che si è preso Pioli nei mesi scorsi, è il Milan. Un Milan arrembante e divertente che vincendo anche a Firenze (1-2) blinda il suo secondo posto lasciando a meno sei la tormentata creatura di Allegri e addirittura a meno 14 la Roma, quinta, che gioca stasera a Lecce. Al quarto posto, sempre a soffiare sul collo alla Juve, c’è anche il Bologna dei miracoli, ora a cinque punti dai bianconeri. Se oggi i rossoblu battono la Salernitana (impresa non difficile), avranno nel mirino la nave juventina, sempre più simile a un veliero disalberato nella tempesta.
Allegri sbraita: non siamo diventati improvvisamente brocchi, tuona schiumando rabbia e invocando una reazione dei suoi che proprio non ci sentono. Vero che la Lazio li ha fregati con una inzuccata di Marusic nel recupero, ma prima i bianconeri cos’han fatto? Poco o nulla. Se pensi solo a non prenderle, dice il saggio, prima o poi te le suonano davvero. Sette punti nelle ultime nove giornate sono una media da retrocessione. E senza l’alibi della distrazione dalle coppe. Una volta Allegri faceva lo spiritoso dicendo che infliggeva il “corto muso” agli avversari. Ora sono gli avversari a ripagarlo con la stessa moneta. Chi di corto muso ferisce, di corto muso perisce. L’impressione è proprio questa: che nessuno segua più Allegri e che tutti i suoi trucchi per tenere alto il morale della truppa siano finiti. Oggi non rischia la panchina, ma l’atmosfera è pessima. Ci mancavano solo le risatine urticanti di Nonge e Rabiot subito dopo la fine della partita con la Lazio. Beati loro: gente allegra il ciel l’aiuta.
Leao e Maignan: la classe fa la differenza.
Il Milan invece va a mille. E Pioli, così va il calcio, è di nuovo coccolato dalla società. Non era facile superare la Fiorentina, soprattutto nella serata d’addio per il dirigente viola Joe Barone. E Invece, nonostante l’assenza di Teo Hernandez, e il turno di riposo concesso a Pulisc, i rossoneri hanno vinto in scioltezza, pur con qualche errore di troppo in attacco. Alimentato da un super Leao (un gol e un assist a Loftus-Cheek) e con il portiere Maignan tornato ai suoi migliori livelli, il Diavolo ha incassato la sesta vittoria consecutiva. Qualcuno già comincia a dire: se si fosse svegliato prima, ora l’Inter non sarebbe già comodamente avviata alla sua seconda stella… Chiacchiere che valgono zero, naturalmente. Il Milan deve essere contento d’essersi ritrovato e magari di proseguire in bellezza anche in Europa League. La Fiorentina, approfittando di alcune distrazioni dei rossoneri, avrebbe potuto anche pareggiare. Ci stava. Ma il Milan, a differenza di qualche mese fa, ha saputo stringere i denti. Finito lo show di Leao è cominciato quello di Maignan. Due fuoriclasse. E la classe, che non è acqua, fa la differenza.
Addio Napoli: 30 punti meno
Non c’è resurrezione per il Napoli, forse troppo gravato dalle polemiche per la ben poco edificante querelle Acerbi-Juan Jesus. La squadra azzurra, che prima del fischio d’inizio si era inginocchiata in stile Black Lives Matter, contro l’Atalanta non è mai entrata in partita. Una squadra di fantasmi, senza energia e senza gioco, travolta senza sforzo dai bergamaschi che con un bel tris si rilanciano per la Champions. Per il Napoli, l’Europa è sempre più lontana. Trenta punti in meno rispetto al campionato dello scudetto: un dato inquietante. Tutto quello di buono che aveva precedentemente portato Calzona, si è volatilizzato in 45 minuti dominati dagli ospiti ben contenti di non lasciarsi sfuggire l’occasione di colpire una sua diretta rivale per l’ Europa. Fischiati senza pietà dai tifosi, per i partenopei si complica tutto. Dopo i fallimenti di Garcia e Mazzarri, altra alternativa non è data. Le vie del Signore, come direbbe Troisi, sono finite. A meno che in panchina non vada direttamente il presidente De Laurentiis. Così se la canta e se la suona come peraltro fa già da tempo.
Razzismo: c’è o non c’è?
E’ ben strana e sintomatico quanto sta avvenendo dopo sentenza di assoluzione di Francesco Acerbi. Assolto dalla giustizia sportiva perchè non ci sono prove oggettive che abbia dato del “negro” o comunque offeso con un epiteto razzista Juan Jesus, quasi tutti danno però per scontato che qualcosa di grave sia stato veramente detto nonostante non ci sia alcun riscontro probatorio (resta curioso che con tutte queste telecamere e microfoni in giro non si sia trovato nulla…). Il Napoli giustamente fa le sue manifestazioni e contesta l’atteggiamento pilatesco della Lega. La solidarietà verso Jesus è quasi totale. E allora? qual è il punto di frattura? Il punto è che il mondo del calcio – e tutti lo sanno – è profondamente intriso di questa mentalità arcaica e violenta. Lo si sente ogni domenica, basta andare in curva, e non solo in curva, ad ascoltare le bestialità che escono dalle tifoserie. E questo clima, purtroppo, viene assorbito anche dai calciatori, non sempre in grado, nella concitazione del risultato, di gestirsi e controllarsi. Forse bisogna sperare nei giovani, più sensibili al rispetto e a una maggiora tolleranza. Ma c’è ancora molto da lavorare. A partire dalle famiglie , dalla scuole e dai centri giovanili. Inutile ricordare gli atteggiamenti di certi genitori ultrà durante le partite dei ragazzi. Poi ci si stupisce di Acerbi. Vincere è importante, crescere educati molto di più.
Fonte: Il Sole 24 Ore