Passi avanti verso la logistica spaziale e la sostenibilità
Le frontiere della manutenzione
Il secondo progetto, la missione Rise, è invece stato finanziato dall’Agenzia spaziale europea, molto attenta ai problemi connessi alla sostenibilità, D-Orbit ne è il capofila italiano e il finanziamento previsto è di 119 milioni.
L’estensione della vita di un satellite va ben al di là del solo rifornimento, ma per questo «l’orbita bassa non rappresenta un vero mercato, i satelliti qui sono piccoli, durano poco, eventualmente il solo ulteriore problema è toglierli dalla loro orbita a fine missione» dice Renato Panesi, cofondatore e direttore commerciale di D-Orbit. Ben altra situazione è quella dell’orbita geostazionaria, a 36mila chilometri dalla superfice terrestre.
Lì ci sono solo pochi e importantissimi, oltre che grandi e costosi, satelliti di utilità come quelli per le trasmissioni. Le operazioni da compiere possono essere parecchie, sostanzialmente legate alla manutenzione: rifornire il satellite target con carburante, che ha terminato, allungandogli quindi la vita, oppure eseguire un’ispezione visiva, per capire lo stato di salute del satellite e dei suoi pannelli o valutare eventuali danni che ne consiglino il rimpiazzo.
Nel 2028 D-Orbit prevede il primo esperimento, in orbita geostazionaria con il suo mezzo Gea, un modulo di servizio, che a sua volta è un satellite, capace di attaccarsi, con un sistema elettromeccanico, a un target e operare anche con un braccio robotico. Una volta assicurato l’ancoraggio, Gea cambierà l’assetto e l’orbita, manovrando per riportare la navicella spaziale del cliente nelle condizioni orbitali desiderate. Il primo cliente potrebbe essere un satellite per le telecomunicazioni che sta esaurendo il carburante, che con l’aiuto di Gea potrebbe rimanere in azione ancora vari anni.
Panesi: «Allungare la vita dei satelliti»
«Il punto vero è allungare la vita del satellite», continua Panesi, e quindi ne prendi il controllo se si è spostato, per le perturbazioni dovute alla gravitazione, e lo riporti nella posizione che gli è dovuta o lo rifornisci di energia elettrica, se i pannelli sono a funzionamento ridotto o guasti per obsolescenza. In parole povere, e un po’ brutali, si tratta di costruire un mezzo che è al tempo stesso un motore ausiliario, un power bank e un carro attrezzi. Un sistema, in grado di avvicinare satelliti e modificarne l’orbita, che può avere comunque un futuro in ambito Difesa.
Fonte: Il Sole 24 Ore