Pechino risponde ai dazi Ue: nel mirino brandy e auto di grossa cilindrata

La risposta cinese ai dazi europei sulle sue auto elettriche non si è fatta attendere. A partire dal prossimo venerdì 11 ottobre Pechino chiederà agli importatori di brandy europeo di versare un deposito del 38-39% presso la dogana cinese. Lo ha annunciato il Ministero del Commercio. La decisione di Pechino viene vista, dagli osservatori, come una nuova mossa nell’ambito di un contesto di tensioni commerciali sui dazi tra Cina ed Unione Europea soprattutto dopo la conferma da parte Ue della volontà di imporre dazi aggiuntivi sulle auto elettriche Made in China.“Dall’11 ottobre 2024, gli importatori dovranno, quando importeranno brandy dall’Unione europea, fornire il deposito corrispondente alla dogana della Repubblica popolare cinese”, ha affermato il ministero in un comunicato stampa.

Titoli del settore giù in Borsa

Le azioni del gruppo francese del lusso LVMH, proprietario del cognac Hennessy, sono scese del 4,3% nelle prime contrattazioni di martedì a Parigi dopo l’annuncio, mentre il proprietario di Martell, Pernod Ricard, è sceso del 2,7% e Rémy Cointreau di quasi il 4,8%.

Sul Ftse Mib milanese le vendite colpiscono Campari , che ha in portafoglio il brand di cognac Courvoiser, anche se i brandy hanno un peso minore sul fatturato totale del gruppo italiano rispetto ai principali concorrenti euroepei

Allo studio dazi sulle auto di grossa cilindrata

Non solo. La Cina ha ufficializzato che sta studiando misure come l’aumento dei dazi sull’import di veicoli di grossa cilindrata. Lo riferisce il ministero del Commercio, ricordando che le indagini in corso sono avviate “in conformità alla legge” con lo scopo di “tutelare completamente i diritti di tutti i portatori di interessi”. Alla fine del procedimento sarà emessa “una decisione obiettiva ed equa in base ai risultati sulla carne suina e i prodotti lattiero-caseari dell’Ue”. Pechino, riferisce una nota, “adotterà tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi delle industrie e delle imprese cinesi”.

Fonte: Il Sole 24 Ore