Pensioni, Tfr, Covip e uscite anticipate: tutte le opzioni del pacchetto giovani

Rafforzare la previdenza complementare e renderla più funzionale alla cosiddetta “copertura pensionistica” degli under 35. È uno degli obiettivi che il governo intende centrare con la prossima manovra in arrivo a metà ottobre, facendo leva sul terreno previdenziale su una sorta di mini-pacchetto giovani. Che dovrebbe prevedere un intervento sul Tfr, non solo limitato a una nuova fase di silenzio-assenso ma anche misure per rendere meno ostico l’accesso al canale di uscita anticipata con almeno 64 anni d’età e 20 di versamenti. L’esecutivo sta poi pensando di dare maggiore forza alla Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, facendo salire da tre a cinque gli attuali commissari e provvedendo contestualmente alla nomina del presidente, che è in “stand by” da un anno e mezzo. Ecco tutte le opzioni al momento allo studio.

Un raccordo tra previdenza obbligatoria e integrativa

Con l’adozione ormai quasi a tutto campo del metodo contributivo i trattamenti pensionistici futuri dei giovani, in molti casi con carriere lavorative discontinue, si presenteranno non adeguati. Soprattutto per questo motivo il governo è intenzionato a dare maggior peso al “secondo pilastro” anche nel tentativo di coniugare, come ha detto il ministro del Lavoro, Marina Calderone, il percorso della previdenza obbligatoria con quello delle forme integrative.

Tre ipotesi per il Tfr

L’intervento che stanno valutando i tecnici del governo è imperniato sul Tfr. Tre, allo stato attuale, sono le ipotesi in campo. La prima, su base volontaria, prevede una nuova fase di “silenzio-assenso”, con tutta probabilità semestrale come in occasione di quella scattata nel 2007, ed è la misura che è caldeggiata dallo stesso ministro Calderone. La seconda ipotesi è quella lanciata dal sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, che punta alla destinazione obbligatoria alla previdenza complementare di una fetta pari al 25% del Tfr per i soli lavoratori neo-assunti. La terza opzione, sempre destinata ai neo-assunti, punta a prevedere un arco di tempo di sei mesi per consentire al lavoratore di effettuare la scelta di destinare il 25% della liquidazione ai fondi pensione. Secondo numerosi esperti previdenziali, però, la via dell’obbligatorietà non appare facilmente percorribile anche sotto il profilo costituzionale. In ogni caso, come hanno già lasciato intendere il ministro e anche Durigon, scatterà una massiccia campagna di comunicazione per far comprendere ai giovani l’importanza dell’adesione alla previdenza integrativa per assicurarsi una complessiva “copertura pensionistica” dignitosa.

Mini-riforma della Covip

Sempre nell’ottica di spianare la strada alle forme integrative, l’esecutivo sta anche pensando di dotare di maggiori competenze la Covip, che dalla primavera del 2023 è in attesa della nomina del nuovo presidente. Il “mandato” dell’Authority potrebbe essere quindi leggermente rivisto. E, probabilmente, dovrebbe lievitare anche il numero dei commissari previsti, che salirebbe dagli attuali tre a cinque. Nell’ambito di questa operazione verrebbe individuato il nuovo presidente.

Mix previdenza pubblica e integrativa per le uscite anticipate dei lavoratori «contributivi»

Il governo sembra intenzionato a percorrere la strada del mix previdenza obbligatoria e complementare anche in altri casi. In particolare, per i lavoratori interamente contributivi, ovvero per chi è in attività dal 1° gennaio 1996, si sta valutando un raccordo tra le forme pensionistiche integrative e il sistema obbligatorio anche per rendere meno ostico l’accesso al canale di pensionamento anticipato con almeno 64 anni e 20 di versamenti. Che è vincolato al raggiungimento di un importo minimo del trattamento, salito con l’ultima legge di bilancio ad almeno 3 volte quello dell’assegno minimo. Importo che si riduce a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le madri con 2 o più figli. Una soglia ora non facilmente raggiungibile,

Fonte: Il Sole 24 Ore