Per i formaggi europei l’accordo Ue-Mercosur vale 245 milioni. E l’Italia è campione di export
La firma dell’accordo commerciale Ue-Mercosur che regola e semplifica gli scambi import-export con i Paesi sudamericani ha suscitato critiche da parte del mercato agricolo europeo, ma non mancano anche le opportunità. Dopo la promozione arrivata da Unione italiana vini, arrivano le considerazioni di Assolatte, secondo cui la firma «apre un mercato che ha un valore potenziale per il settore lattiero caseario europeo di 245 milioni di euro».
L’associazione che rappresenta i caseifici italiani sottolinea in una nota come «nei Paesi Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) i formaggi italiani non sono ancora decollati» e «senza entrare nelle criticità evidenziate da altri settori dell’alimentare e nel percorso che si deciderà per il suo recepimento in Europa», fa notare come «è evidente che per il lattiero caseario l’intesa porta alcuni risultati di rilievo, sia in termini di dazi che nel capitolo della tutela delle Indicazioni geografiche. Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, prevede un contingente tariffario crescente, che passa da 3mila a 30mila tonnellate in dieci anni, con il parallelo progressivo azzeramento dei dazi. Ancor più importante è l’accettazione da parte dei paesi del Sud America del capitolo che tutela le indicazioni geografiche»
L’accordo – «pur con alcuni distinguo ed eccezioni» – proteggerà i 9 formaggi italiani più esportati: Asiago, Fontina, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Provolone Valpadana, Taleggio.
E proprio l’export continua a essere l’arma in più dei nostri prodotti. Secondo i dati riportati in occasione del Dairy Expo Tech, la mostra convegno dedicata alle macchine e alle attrezzature per la produzione del latte e di tutti i prodotti caseari, organizzata da Senaf, il valore delle vendite di formaggio oltreconfine atteso per la fine del 2024 è di oltre i 5 miliardi di euro. Un valore che posiziona l’Italia come terzo Paese a livello mondiale dietro a Germania e Paesi Bassi (12,6% la quota mondiale) . Questi numeri indicano inoltre che l’Italia cresce maggiormente rispetto ai diretti competitor, con una variazione 2018-2023 del +75,2%, rispetto al 53,5% della Germania e al 52,3% dell’Olanda.
Preoccupano però le politiche di dazi da parte di Usa e Cina. I dazi aggiuntivi del 25% applicati nel 2019 dagli Usa su alcuni dei formaggi italiani più esportati avevano colpito duramente le imprese casearie – ricordano da Assolatte – e nell 2020 l’export dei formaggi italiani negli Stati Uniti lasciò sul terreno oltre 6mila tonnellate di prodotto, per un valore di 65 milioni di euro. Cui si sommarono altri 40 di costi aggiuntivi. «Per le nostre imprese quello statunitense è da sempre un mercato a dir poco strategico – conferma Zanetti -. Fortunatamente la sospensione dei dazi arrivò prima della fiammata inflattiva degli ultimi due anni, perché altrimenti le conseguenze sarebbero state disastrose».
Recuperare le quote perse, precisa Assolatte, è costato molto lavoro e ingenti investimenti e ora l’Italia è il primo esportatore mondiale di formaggi verso il mercato statunitense. Con 37mila tonnellate, e un controvalore che supera i 440 milioni di euro, l’Italia copre il 20% delle importazioni casearie americane complessive.
La domanda di made in Italy negli Usa è sostenuta soprattutto da Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Pecorino. Questi tre formaggi, sottolinea Assolatte, rappresentano da soli l’80% dell’export italiano negli Stati Uniti. E un nuovo record è stato raggiunto nei primi 7 mesi dell’anno: +16,7% in volume e +13% in valore.
Fonte: Il Sole 24 Ore