«Per la crisi del Mar Rosso va mantenuto il vantaggio tecnologico nelle armi»

«Per la crisi del Mar Rosso va mantenuto il vantaggio tecnologico nelle armi»

Sul tavolo dei sette grandi che si riuniscono in queste ore per il G7 in Puglia approda un tema che formalmente rientra nell’ambito della difesa, ma che ha ripercussioni sul piano economico: la sicurezza della navigazione commerciale nel Mar Rosso, messa a repentaglio dagli attacchi dei ribelli Houthi, finanziati dall’Iran. Dal Canale di Suez passa il 12% dei flussi commerciali globali, il 21% del petrolio lavorato che arriva in Europa, e il 40% dell’interscambio commerciale marittimo dell’Italia. Il 19 febbraio l’Ue ha messo in campo Eunavfor Aspides, un’operazione difensiva di sicurezza marittima. «Fino a oggi – ha chiarito il Capo di Stato maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone, intervenuto in un’intervista video che sarà pubblicata oggi sul Sole 24ore.com per fare il punto sul ruolo dell’Italia nell’operazione – ci sono circa 200 mercantili che sono stati scortati, 88 dalla nostra Marina militare, sette i droni abbattuti e non c’è stato nessun tentativo di abbordaggio da parte delle milizie Houthi». La guardia non va tuttavia abbassata. «Credo che l’arsenale messo in campo sia sufficiente – ha continuato Cavo Dragone -, di un livello di avanzamento tecnologico superiore a quello della controparte, e dobbiamo mantenere questo vantaggio tecnologico. Va mantenuta alta l’attenzione, così che non ci sia nel tempo un affievolimento nella percezione della gravità del problema perché parliamo anche della nostra sicurezza personale».

Se questo è lo scenario, rimane una grande incognita: l’escalation nello scontro tra Israele da una parte e Iran dall’altra potrebbe tornare a destabilizzare il Libano. Dietro a Hezbollah c’è infatti la Repubblica islamica, e sempre Teheran finanzia i ribelli dello Yemen. Si delinea un meccanismo a catena dagli effetti geopolitici imprevedibili. «Che Iran e Russia siano nell’ombra, stiano manovrando questa attività è un dato di fatto. È un’ottima distrazione dalla guerra in Ucraina perché abbiamo anche ripolarizzato le nostre attenzioni in questo teatro, quindi a vantaggio della Russia. Io credo – ha continuato Cavo Dragone – che comunque sia dovremmo fare un passo indietro e essere un pochettino più onesti con noi stessi. Nel senso che rimarrà sempre un “male endemico Bab el-Mandeb”, anche se ci fosse un calo dell’attività degli Houthi, finché non risolviamo il problema mediorientale in maniera strutturata e con coraggio. Cosa che credo fino adesso probabilmente non sia stata fatta».

Ma la missione Aspides è un primo banco di prova nella direzione di una politica di difesa Ue e, probabilmente più in prospettiva, di un esercito europeo? «Sicuramente – ha risposto l’ammiraglio-. Più che come un banco di prova, la interpreterei come una riprova efficace del ruolo che l’Europa compie e deve compiere nell’ambito della garanzia della sicurezza internazionale». Dal 2025 Cavo Dragone ricoprirà il ruolo di Chairman del Comitato Militare della Nato. «La difesa europea, che si sta sviluppando proprio adesso, va interpretata come la colonna europea dell’Alleanza atlantica. Non ci devono essere duplicazioni. La Nato è l’unica alleanza militare ed è l’unico scudo che abbiamo oggi per difendere la nostra democrazia, la nostra libertà».

Fonte: Il Sole 24 Ore