Per le città è il momento di una svolta
Le nostre città italiane sarebbero obbligate a cercare di restare come sono? Al massimo, riuscendo a preservare, magari riqualificata, l’eredità formidabile che rappresentano? No. Trasformazioni contemporanee sono indispensabili per i nostri centri urbani e territori: è il momento di una svolta culturale, di indirizzi, e operativa. Tra i valori economici che accompagnano la vita di tutti gli esseri umani ci sono quelli legati agli spazi architettonici e funzionali nelle nostre esistenze; e l’importanza dei settori industriali, economici, finanziari (e tecnologici) che sovrintendono a espansioni/crisi/trasformazioni delle città sono parte della prosperità o del declino delle nostre società organizzate. Nuove costruzioni non sono un crimine contro il clima, o l’ambiente locale. Dobbiamo considerare demolizioni e ricostruzioni di edifici fatiscenti o disfunzionali; il fisiologico rinnovo di edifici in cemento armato che sono invecchiati e precari (in certo senso, come gli alberi che vanno abbattuti e ripiantati al termine del ciclo biologico), inclusa l’analisi del loro budget di carbonio; il lavoro per riusare e riciclare, per scegliere materiali a bassa intensità di emissioni; i compattamenti della città che migliorano il bilancio ecologico complessivo. Nuove residenze sociali debbono tornare ad essere costruite, visti i cambiamenti demografici e nelle strutture familiari, e le aspettative delle giovani generazioni. Modelli di successo ci dicono che interventi di pianificazione, progettazione e realizzazione di nuove funzioni ed infrastrutture possono apportare diversità e ricchezza agli spazi urbani, e miglioramenti per la vita delle comunità. È tempo di dare il via a procedure trasparenti e rapide per uscire dalle zonizzazioni monofunzionali. Gli esempi internazionali non mancano, seppure spesso sono poco noti. Negli Stati Uniti iniziano a comparire casi di inserimento di piccole unità residenziali all’interno di mall e aree commerciali che stanno perdendo spazi e vitalità. In Francia, a fronte della crisi dei grandi centri commerciali (alcuni studi ipotizzano sino a una perdita del 60% delle attività entro dieci anni) il governo ha stanziato 24 milioni per ripensare 15 milioni di metri quadrati. A Mérignac Soleil, presso Bordeaux, o a La Valette-du-Var, vicino a Tolone, esperimenti sono già in corso, con soddisfazione dei nuovi residenti in questi complessi. Un processo parallelo a quello che riguarda gli investimenti in uffici (dimezzati, in Francia, dai 28-29 miliardi annui medi nel periodo 2020-2022 ai 14 miliardi del 2023), con superfici in crisi pari a 10-15 milioni di metri quadrati solo nelle zone di Parigi specializzate per gli affari. Confronti e sfide apertissimi, da New York a Londra, alle metropoli cinesi.
Rigenerazione urbana e nuove architetture, anche nei centri storici, possono dialogare con l’antico, può imprimere un segno di contemporanea civilitas nella civitas. Concorsi di architettura, sfide ideative contemporanee, nuove funzioni integrate per contribuire a rinnovare la qualità urbana, inclusa la demolizione e ricostruzione di parti delle nostre città. Io credo che gli Italiani, inventori della Città moderna, possano consolidare e rinnovare i caratteri vitali ed espansivi dell’organizzazione strategica dei nostri centri e territori, e farne un fattore di crescita determinante del Paese. Non possiamo entrare come Nazione delle Cento Città nel depresso novero di coloro che stanno fermi, e che dunque saranno i perdenti del XXI secolo. Dobbiamo e possiamo riuscire. Con sei mosse indispensabili: forti e sicuri investimenti pubblici e privati, applicazione avanzata delle tecnologie digitali, centralità dei fattori umani per la qualità del vivere urbano, sconfitta dell’incultura dell’immobilismo, industrializzazione del turismo, rivoluzioni green e programmazione dell’adattamento ai mutamenti climatici.
Come ha scritto Italo Calvino, «Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone». E i deserti contemporanei di anime umane non sono mai stati così affollati. Il governo della visione, della progettualità, della partecipazione e quindi della decisione è l’unico antidoto alla sfiducia e all’auto-isolamento, ovvero alla sconfitta dello spirito trasformativo delle città. La capacità di assicurarne durata nel tempo medio e vivibilità nello spazio umano contiene la soluzione per preparare un futuro sostenibile, giusto, che si rinnova ogni giorno.
Fonte: Il Sole 24 Ore