Per Trump a Parigi una vetrina da commander in chief
Un’uscita da capo di Stato nel pieno dei suoi poteri, un debutto sulla grande scena internazionale, tanto dirompente quanto irrituale, per Donald Trump che si è presentato a Parigi con il fidatissimo sodale Elon Musk al fianco.
Manca più di un mese all’insediamento alla Casa Bianca, ma è già lui, Trump, il commander in chief: in una transizione dei poteri anomala, mai vista prima, il capo della destra, dopo avere trionfato alle elezioni del 5 novembre, si muove già da settimane come il presidente degli Stati Uniti. Il principio one president at a time, è stato calpestato, anzi ribaltato: Joe Biden, l’anziano presidente, sconfitto e dimenticato ma ancora in carica, è il passato. Mentre è già Trump il presidente, l’unico presidente: interviene direttamente, ogni giorno, nelle crisi in Medio Oriente e in Ucraina, parla con i leader e i diplomatici di mezzo mondo, avanza con la sua agenda economica, minacciando dazi al commercio contro Canada, Messico e Cina.
L’incontro trilaterale, all’Eliseo di sabato 7 dicembre, con Emmanuel Macron e Volodymyr Zelensky è un modo per ribadire chi comanda a Washington e non solo, oltre che lo sforzo per fare «terminare la guerra in 48 ore», come promesso durante la campagna elettorale. Nei giorni precedenti, dietro le quinte anche attraverso il superministro Musk, si erano invece svolti i colloqui della nuova amministrazione con i diplomatici iraniani. Ma è da Parigi che Trump ha confermato la linea annunciata sui conflitti in Medio Oriente, al di là del sostegno incondizionato al governo israeliano di Benjamin Netanyahu: «La Siria è un disastro, ma non è nostra amica, e gli Stati Uniti non dovrebbero avere nulla a che fare con questo. Questa non è la nostra lotta. Lasciamo che la situazione si sviluppi. Non lasciamoci coinvolgere», ha commentato il tycoon sul suo social Truth.
Il principio America First, come si era già capito, trasforma gli Stati Uniti in una potenza che si muove, in modo dichiarato, solo seguendo il proprio interesse. Si riparte da zero – l’anomalia Trump è anche questo – nelle relazioni con gli alleati, con l’Europa. Così come nello scontro con la Cina, il vero avversario per la leadership globale della nuova America.
Negli equilibri internazionali, Trump si muove come un pistolero in un saloon. E questa spavalderia potrebbe anche portare risultati, di sicuro li può portare nel breve periodo. I leader del mondo lo temono, non sanno come prenderlo, fanno a gara per ingraziarselo. Il canadese Justin Trudeau, per frenare l’escalation sui dazi, è già stato costretto a volare a Mar-a-Lago, quasi prostrandosi al cospetto di Trump. Mentre nella scintillante rinascita di Notre-Dame, Macron, in cerca di protagonismo, ha voluto the Donald in prima fila.
Fonte: Il Sole 24 Ore