Perla del Garda investe sul vino in lattina (che piace nei cocktail e all’estero)

Utilizzo nella mixology, minor grado alcolico, attenzione alla sostenibilità, diminuzione delle quantità consumate e conseguente diffusione dei piccoli formati. Sono alcuni aspetti che stanno modificando l’approccio al consumo di vino, soprattutto tra i giovani. E che si sposano bene con la diffusione del formato in lattina: un mercato certamente ancora di nicchia, ma che potrebbe essere destinato a una crescita in futuro proprio in virtù delle tendenze in atto.

A crederci è, ad esempio, Perla del Garda, cantina di Lonato guidata da Giovanna Prandini, che già produce 250mila bottiglie (tra Garda, Valtenesi e Lugana Doc) su 45 ettari vitati per un fatturato di circa 2 milioni, in crescita di 300mila euro nel 2023. Il 35% proveniente dall’export, soprattutto in Germania.

È la prima cantina del bresciano a proporre questo formato con una produzione di 20mila lattine da 25 cl di “Perledellago”, ma l’obiettivo è arrivare a 100mila pezzi (introducendo anche il formato da 20 cl per il frizzante). Probabilmente non è un caso che la novità arrivi su un territorio caratterizzato da importanti flussi turistici: da un lato infatti all’estero il vino in lattina è già molto più diffuso che in Italia, dall’altro si adatta a un’offerta di cocktail che si sposa bene con la domanda straniera.
Inoltre Perledellago è un vino bianco fermo (11 gradi) ottenuto da uve Turbiana, le stesse utilizzate per il Lugana, una delle doc più in voga (la produzione è cresciuta del 27% dal 2019 fino a 28 milioni di bottiglie).

«L’obiettivo è raggiungere una nuova fascia di clienti, quelli più giovani che ancora faticano a rapportarsi al mondo del vino – afferma Giovanna Prandini – ma che in realtà già lo consumano, ad esempio, come ingrediente della mixology e che quindi hanno tutto il diritto di sapere cosa stanno bevendo. Perledellago è un bianco di territorio, certificato, ma non a denominazione in quanto il disciplinare del Lugana non contempla al momento questo formato. Lo abbiamo concepito in omaggio al “pirlo”, il classico aperitivo bresciano che secondo la ricetta De.Co, approvata recentemente dal Comune di Brescia, prevede l’utilizzo di un vino fermo: in questo caso un prodotto a grado alcolico contenuto, pensato per un pubblico prettamente giovanile fin dal packaging, studiato e disegnato da mia nipote Alessia, con un dosaggio da 0,25 che si ricollega al quartino consumato un tempo nelle osterie in un mix fra tradizione e contemporaneità».

L’idea insomma è quella di accettare senza snobismi le sfide poste da nuovi target che si affacciano sul mondo del vino. «Sarà uno degli obiettivi del futuro: da noi il business della lattina è sicuramente ancora agli albori, ma altrove rappresenta già una risposta ad occasioni di consumo differenti da quelle tradizionali – sottolinea Prandini – . L’auspicio è che il prodotto possa essere inserito nel disciplinare Garda Doc, ma crediamo che già il piccolo formato e la confezione in alluminio possano veicolare un nuovo messaggio di freschezza, di praticità e di sostenibilità, dato che la lattina è riciclabile al cento per cento».

Fonte: Il Sole 24 Ore