Petrolio, sul tavolo dell’Opec+ il nodo più intricato riguarda gli Emirati
Sul tavolo dell’Opec+, che si riunirà giovedi 5, non c’è soltanto il piano per ritirare i tagli della produzione di petrolio. A ostacolare un accordo che il mercato sembra già dare per scontato potrebbe essere la situazione degli Emirati arabi uniti, membro storico dell’Organizzazione, che con le sue rivendicazioni in passato ha già messo più volte i bastoni tra le ruote, paralizzando per settimane i lavori di un vertice tra il 2020 e il 2021.
Gli Emirati – considerati una colonna portante del gruppo grazie alla grande capacità produttiva – sono riusciti ad ottenere un significativo incremento della propria quota, che costituisce la base su cui calcolare i tagli: da gennaio avranno il diritto di aumentare per gradi le estrazioni di 300mila barili al giorno nel corso del 2025. Un privilegio esclusivo, che oggi si scontra con altre esigenze.
Proprio a gennaio l’Opec+ voleva infatti avviare la riapertura dei rubinetti. Ma la debolezza della domanda petrolifera consiglia di aspettare ancora. Dopo due rinvii (in origine si doveva partire a ottobre) ce ne potrebbe essere un terzo.
Trattative complesse – che sembra siano all’origine dello spostamento anche della data del vertice, slittato a sua volta 1° al 5 dicembre – avrebbero portato a un’intesa preliminare per rinviare di altri tre mesi, dunque fino ad aprile. Tutti d’accordo, secondo fonti Bloomberg. E il mercato sembra rassicurato: le quotazioni del barile martedì 3 sono rimbalzate di oltre il 2%, con il Brent intorno a 73,50 dollari verso fine seduta.
Gli sforzi diplomatici sarebbero serviti, secondo le indiscrezioni. E in particolare i colloqui tenuti nei giorni scorsi dai sauditi con i delegati di Russia, Iraq e Kazakhstan: gli unici tre Paesi bacchettati pubblicamente per la scarsa disciplina nei tagli di produzione, a cui è stato prescritto di recuperare le mancanze con una precisa tabella di marcia.
Fonte: Il Sole 24 Ore