Piano di bilancio, freno alla spesa più tirato nel 2025. Dal cuneo spinta da 0,2% di Pil

Il freno alla spesa primaria netta sarà particolarmente tirato nei prossimi due anni, per poi allentarsi dal 2027. La correzione strutturale dei conti sarà dello 0,55% del Pil, nei dintorni dei 12 miliardi all’anno nel 2025 e nel 2026, per poi attestarsi allo 0,5%. La stretta iniziale porterà alla fine del biennio il deficit al 2,8% del Pil, e quindi il Paese fuori dalla procedura d’infrazione. Nel frattempo il debito, come anticipato sul Sole 24 Ore di giovedì, continuerà invece a salire in rapporto al prodotto per la spinta delle ricadute del Superbonus che viaggeranno vicine ai 40 miliardi all’anno prima di dimagrire sensibilmente dal 2027. A quel punto il peso del passivo sul Pil tornerà a scendere, seguendo la discesa media di un punto percentuale all’anno chiesta dalle nuove regole fiscali comunitarie ai Paesi fuori dalla procedura d’infrazione.

Psb tornato sul tavolo del Cdm

Ieri il Piano strutturale di bilancio è tornato sui tavoli del consiglio dei ministri dopo i ricalcoli su Pil e finanza pubblica comunicati lunedì scorso dall’Istat. Nel nuovo passaggio a Palazzo Chigi, ha voluto chiarire il ministero dell’Economia in una nota, ha rappresentato da parte di Giorgetti un aggiornamento «del Piano adottato», alla luce dei nuovi numeri dell’Istat. Al documento si è comunque lavorato ancora per tutta la giornata di ieri prima della trasmissione alle Camere, che ne avvieranno l’esame all’inizio della prossima settimana e lo chiuderanno martedì 8 ottobre con il voto in Aula sulle risoluzioni.

Impianto confermato

Nelle sue cifre finali il Piano conferma, con qualche variazione marginale, l’impianto tracciato dalle cifre emerse dal confronto di giovedì fra governo e parti sociali. Il deficit di quest’anno scende dal 4,3% indicato nel Def al 3,8%, grazie prima di tutto all’impennata delle entrate; la cura anti-sdisavanzo parte da lì, e non lascia spazi alle ipotesi di anticipi per decreto di parte di spese della manovra che pure erano circolate insistentemente nelle scorse settimane. Anche perché il programma dei conti indicherà il ritorno dell’avanzo primario già da quest’anno, come ribadito da Giorgetti nel pomeriggio di ieri in un videomessaggio all’assemblea di Federmeccanica. «La finanza pubblica è tornata sotto controllo – ha rivendicato il ministro dell’Economia; dopo aver ereditato una situazione disastrosa dovuta all’impatto dei bonus edilizi, le scelte fondate su responsabilità e realismo hanno portato risultati», il primo dei quali è l’addio al deficit primario (quello che si calcola al netto della spesa per interessi) che solo l’anno scorso valeva 71 miliardi (3,4% del Pil).

Il trend dell’indebitamento netto

L’indebitamento netto è destinato a scendere al 3,8% nel 2025 e nel 2026, grazie a una dinamica della spesa netta quasi piatta anche in termini nominali, + 1,3% nel 2025 e +1,6% nel 2026, prima di rilassarsi un po’ con il +1,9% messo a preventivo per il 2027. Ma poi, in contemporanea con il cambio di legislatura, la corda dovrebbe tornare a stringersi, con un aumento della spesa netta dell’1,7% nel 2028, dell’1,5% nel 2029 dell’1,1-1,2% nel 2030-2031.

Taglio del cuneo per sostenere l’economia

Il compito di sostenere l’economia reale sarà affidato prima di tutto al taglio del cuneo fiscale, la cui «estensione fino al 2029 – come si legge nelle bozze del Piano strutturale di bilancio circolate ieri – comporterebbe un aumento della crescita di 0,2 punti percentuali nel 2025 e nel 2026 per poi avere un effetto complessivo sul livello del PIL dal 2027 pari allo 0,5 per cento». Nel frattempo però c’è da tagliare la spesa per rispettare gli obiettivi Ue senza rinunciare al sostegno anche finanziario del pacchetto di riforme chiamate a motivare l’estensione dell’aggiustamento da 4 a 7 anni (articolo sotto). La dieta, si legge sempre nelle bozze, avrebbe un effetto neutro nel 2025 e restrittivo nel 2026 e nel 2028-29, con il risultato che «complessivamente la manovra accrescerebbe il livello del Pil dello 0,2 per cento nel 2025 fino a raggiungere lo 0,4 per cento nel 2027».

Fonte: Il Sole 24 Ore