Planeat cresce nelle aziende ed esporta la piattaforma software antispreco
Programmare cosa mangiare durante la settimana, nelle giuste dosi, permette di ridurre gli sprechi alimentari e conciliare una dieta varia ed equilibrata con un risparmio in termini di tempo e denaro. È l’idea che sta alla base di Planeat, start up nata a marzo 2020 per iniziativa di Nicola Lamberti (già fondatore del comparatore online Trovaprezzi, poi venduto a mutuionline). Un’idea che finora – secondo le stime elaborate dalla stessa start up in occasione della Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari del 29 settembre – ha salvato dalla spazzatura 72 tonnellate di cibo grazie agli oltre 450mila ordini gestiti, per un risparmio medio per gli utenti di circa il 20 per cento.
In questi anni Planeat.eco è diventata una società Benefit e ha visto l’ingresso dei capitali di StarTip, Mercurio Holding e Hb4, per un totale di 3,6 milioni, che hanno permesso di sviluppare la piattaforma e quindi di differenziare l’offerta. Ai «meal kit» del debutto dedicati solo al cliente finale (a cui sono proposti gli ingredienti di oltre 400 ricette tra cui scegliere in un’ottica almeno settimanale) si è affiancata poi quella per le aziende, che prevede la consegna in sede (a Milano, Monza e Pavia) di pasti pronti per i dipendenti, che possono scegliere (fino al giorno prima) piatti a costi convenienti. Con il vantaggio di poter usare per gli ordini privati il credito non utilizzato per il pranzo al lavoro, e c di utilizzare anche lo stesso spazio-frigo come “pick up point”. Tra le adesioni, l’ultima, non ancora ufficializzata, è quella di Fondazione Milano Cortina che si aggiunge, solo per citare alcune imprese tra le più note, a Bending Spoons (la unicorn che ha appena comprato Wetransfer), Astrazeneca e Galbusera, per un totale di una cinquantina di contratti e 2mila pasti consegnati in media al giorno.
La parte b2b sta crescendo più della b2c, che probabilmente deve ancora superare una resistenza culturale di fondo degli italiani all’idea di non poter decidere cosa cucinare all’ultimo minuto (ma spesso al costo di sprecare molta della spesa settimanale): nel 2023 il fatturato b2b è stato di 1,9 milioni contro i 940mila euro del b2c, per un totale di 2,84 milioni, oltre il doppio del 2022 e oltre il 370% in più rispetto al 2021. In questa scia gli obiettivi sono ambiziosi: «Il break even è previsto a cavallo tra il 2025 e 2026 con un fatturato tra i 4,5 e i 5 milioni quest’anno e di circa 8 milioni nel 2025», dice Lamberti, che sottolinea: «Vero che il b2b sta crescendo di più, ma il nostro meal kit a domicilio rimane validissimo e anzi stiamo creando un modello “b2b2c” grazie all’integrazione tra le gli acquisti aziendali e quelli privati con i primi che ci permettono di conquistare nuovi clienti».
Ma molte potenzialità del modello sono ancora da esprimere: «Nella prossima fase di sviluppo esporteremo la nostra piattaforma all’estero e stiamo sperimentando nuovi ambiti di applicazione, ad esempio potremo mettere in contatto ristoranti e dipendenti delle aziende limitrofe, sempre nell’ottica di programmare in anticipo le ordinazioni e quindi di evitare sprechi e ottenere un risparmio sia per il cliente che per il ristoratore».
Fonte: Il Sole 24 Ore