Polizze catastrofali, obbligo allargato agli immobili delle piccole imprese

Polizze catastrofali, obbligo allargato agli immobili delle piccole imprese

Prosegue la messa a punto del Dm attuativo con cui Mef e Mimit – sentito l’Ivass – devono dettagliare le polizze obbligatorie per gli immobili delle imprese sui rischi da calamità naturali ed eventi catastrofali (previste dall’ultima legge di Bilancio). C’è una nuova bozza, più ampia di quella anticipata sul Sole 24 Ore del 20 luglio, che, tra l’altro, allarga l’obbligo a tutte le realtà che risultano «in ogni caso» iscritte nel Registro delle imprese.
Una novità inattesa, forse dettata dall’esigenza di garantire il principio di mutualità conciliandolo in modo sostenibile con l’obbligo a contrarre imposto a tutte le compagnie assicurative operanti nel ramo 8 del comparto danni. Obbligo diverso da quello Rc auto, dovendo fare i conti con la profondità e la caratura di rischi non sempre sopportabili, tantomeno da compagnie che sinora si sono occupate di quei rischi solo per integrare più ampi pacchetti di copertura, quindi con limitate capacità assuntive.

Ma l’obbligo di assicurarsi così ampliato non combacia con la (apparentemente) più stretta previsione della legge, che circoscrive l’obbligo alle imprese effettivamente «tenute all’iscrizione…ai sensi dell’articolo 2188 del Codice civile». Tale formulazione (in qualche modo confermata dalla relazione illustrativa) escluderebbe dall’obbligo i soggetti “non tenuti” ad iscriversi al Registro (quali piccoli imprenditori, artigiani, piccoli commercianti ed esercenti attività organizzate prevalentemente col lavoro proprio e dei componenti della famiglia). Costoro potrebbero invece rientrare tra gli obbligati se si seguisse l’interpretazione contenuta nella nuova bozza di Dm, che tocca anche le imprese iscritte nella sezione speciale del Registro (con mera funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità). Un’interpretazione interessante e diretta a potenziare la base mutualistica, che fatica però ad armonizzarsi con la legge, anche perché quest’ultima individua i beni oggetti di copertura con i riferimenti bilancistici dell’articolo 2424 del Codice civile.

L’obbligo a contrarre (in capo alle compagnie) pone, poi, altri problemi assuntivi, anche di quotazione tariffaria. La legge si limita a delegare al Dm le modalità di determinazione e adeguamento periodico dei premi che devono essere comunque proporzionali al rischio. Il che esclude formule tariffarie flat, dovendosi costruire il premio (anche) sulla base dell’ubicazione del rischio sul territorio e della vulnerabilità dei beni assicurati. In questo senso sembra muoversi, opportunamente, il Dm, che inoltre pare voler dar vita a regole di tariffa che, non lontane da quella della Rc auto, si fondino su dati e serie storiche di una certa attendibilità statistica. Evidentemente si mira a evitare che le compagnie fissino premi molto alti per eludere l’obbligo a contrarre.

È poi importante l’attenzione ai rischi di sostenibilità dimostrata nel Dm con la previsione dell’aggiornamento periodico dei premi (e dei valori di franchigia, di scoperto e dei limiti di indennizzo), in funzione degli andamenti tecnici nel tempo.
Sulla capacità assuntiva è chiara l’impossibilità di seguire il modello Rc auto imponendo di assicurare chiunque lo chieda. La profonda differenza tra le diverse imprese tenute ad assicurarsi, con potenziale disparità dimensionale dei relativi rischi catastrofali, richiede di porre un limite all’obbligo a contrarre; il Dm cerca di individuarlo, riferendolo alla soglia di tolleranza al rischio che ciascuna compagnia deve stabilire in funzione della propria propensione al rischio e in coerenza col fabbisogno di solvibilità. Il tema è delicato: esaurito il plafond di tolleranza – da stabilirsi con rigorosi criteri attuariali – la compagnia dovrebbe poter cessare l’assunzione di ulteriori rischi senza che ciò comporti violazione di obblighi.
Sempre per agevolare l’assunzione, la legge ha previsto che le compagnie possano coprire sia in coassicurazione, sia in forma consortile. Il consorzio va registrato e approvato dall’Ivass. Il Dm non pare entrare nel merito, quindi questi “pool” potrebbero autodisciplinarsi stabilendo, nel rispetto della libera concorrenza, regole utili a consentire la corretta assunzione dei rischi e il loro riparto (in funzione dell’effettiva capacità sottoscrittiva di ogni consorziata). Considerando anche l’indispensabile sostegno della Sace. E il Dm fisserà anche i termini della convenzione di essa con le compagnie.

Fonte: Il Sole 24 Ore