Polveriera Bangladesh: 50 morti negli scontri per le proteste degli studenti

Dal nostro corrispondente

NEW DELHI – A pochi mesi dalle controverse elezioni che le hanno consegnato uno storico quarto mandato consecutivo, il primo ministro del Bangladesh sta affrontando la sfida più difficile da quando è stata confermata alla guida del Paese. La minaccia viene da un movimento di studenti esasperati dalla mancanza di prospettive di lavoro e da un sistema di quote nelle assunzioni nel settore pubblico che favorisce una piccola minoranza di giovani a discapito di tutti gli altri.

Gli scontri tra i manifestanti, le forze di sicurezza e i militanti armati di bastoni dell’ala giovanile del partito della premier sono iniziati lunedì e sono andati crescendo d’intensità giorno dopo giorno. Secondo fonti ospedaliere citate dall’Agence France-Presse le vittime delle violenze sarebbero già una cinquantina e i feriti diverse centinaia. Secondo i media locali nella sola giornata di giovedì avrebbero perso la vita 22 ragazzi nel tentativo di imporre un bandh, una specie di sciopero generale tipico dei Paesi dell’Asia del Sud in cui i manifestanti impongono con la forza il blocco di tutte le attività economica.

Per il momento non sono valsi a nulla i tentativi del governo di sedare la protesta, ordinando la chiusura delle università, sospendendo i servizi internet e bloccando le trasmissioni dei canali televisivi all news. Secondo la Telecommunication Regulatory Commission il blocco sarebbe invece da imputare a un attacco sferrato dai manifestanti a un centro per le trasmissioni. Tra i bersagli degli ultimi giorni c’è stata anche la sede della Tv di Stato.

I manifestanti chiedono la cancellazione di un meccanismo di discriminazione positiva che favorisce i parenti di chi ha preso parte alla lotta per l’indipendenza del Paese dal Pakistan nel lontano 1971. In base alle regole vigenti avere avuto un freedom fighter in famiglia garantisce l’accesso a una quota del 30% dei posti di lavoro nell’ambìto settore pubblico. La quota riservata ai famigliari dei reduci è di gran lunga la più grande di quelle che complessivamente riservano a particolare categorie, il 56% dei posti statali.

Fonte: Il Sole 24 Ore