Prandini (Coldiretti): «Ci vuole la reciprocità in tutti i trattati Ue, urgente sui cereali»

I prodotti agroalimentari provenienti dai Paesi extra-Ue devono rispettare gli stessi standard di quelli imposti dall’Unione ai propri produttori interni, altrimenti si genera una forma di concorrenza sleale dove la competizione viene fatta solo sul costo e non sulla qualità. Si chiama principio di reciprocità, e secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, dovrà essere il primo punto sul tavolo della prossima Europa che verrà. A cominciare dal segmento dei cereali.

Perché bisogna cominciare con i cereali? 

Viviamo in un mondo dove il prezzo dei cereali viene deciso in un solo posto, cioè al mercato di Chicago, oltre il 50% degli stock è in mano alla Cina e la Russia è il terzo produttore globale. Se non tuteliamo il lavoro degli agricoltori dei Paesi europei, dove produrre costa di più ma la qualità del prodotto è alta e gli standrad di sicurezza sono più elevati, facciamo correre dei rischi ai consumatori. L’Unione europea deve avere il coraggio di introdurre la clausola di reciprocità in tutti i trattati di libero scambio.

Quali altre priorità devono darsi le istituzioni europee che usciranno domani dalle urne?

Bisogna rimettere al centro la filiera agroalimentare senza demonizzare gli agricoltori. Basta ad esempio ai regolamenti come quello sul packaging, o quello sulla diminuzione degli agrofarmaci, perché i primi a volerli diminuire sono gli agricoltori, purchè ci siano a disposizione delle alternative. Serve inoltre un utilizzo migliore delle risorse della Pac, stiamo investendo poco nell’innovazione agricola e nelle filiere produttive. Questi temi vengono demandati al finanziamento da parte dei singoli Stati, ma è un grave errore: l’Italia, col debito pubblico che si ritrova, difficilmente potrà favorire questi investimenti da sola. In generale, ci vuole un cambio di passo rispetto all’idea che l’Europa debba essere un giardino verde, salvo poi importare prodotti da Paesi che non hanno un rispetto delle stesse regole che rispettiamo noi. La delocalizzazione non è una soluzione del problema al tema dell’ambiente e del clima, che non può riguardare un solo continente ma deve riguardarli tutti.

Fonte: Il Sole 24 Ore