Prende forma la normativa sulle imprese culturali e creative

Prende forma la normativa sulle imprese culturali e creative

Il 4 dicembre è stato registrato dalla Corte dei Conti il Decreto interministeriale di attuazione dell’art. 25, comma 6, della Legge 27 dicembre 2023, n. 206, meglio conosciuta come Legge per il Made in Italy. L’atto legislativo, in pubblicazione, definisce le modalità e le condizioni del riconoscimento della qualifica di Impresa culturale e creativa (ICC) e i casi di revoca. Il riconoscimento avviene a seguito dell’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese tenuto presso le CCIAA e ciò consente l’utilizzo della dicitura “Impresa Culturale e Creativa” o “ICC” nella denominazione sociale, nelle comunicazioni e nella documentazione societaria.

Il Decreto è il frutto dello sforzo congiunto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e del Ministero della Cultura, e per quest’ultimo dal grande lavoro svolto dal Sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni e dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea, in particolare dal Servizio I, che ha competenze riguardo alle Imprese culturali e creative, alla moda e al design.

In attesa delle reazioni degli operatori del settore, associazioni di categoria, professionisti e imprese, vediamo nello specifico le principali novità. La qualifica può essere acquisita dalle società, dai lavoratori autonomi, dagli enti del Terzo Settore, dalle imprese sociali, dalle associazioni riconosciute e dalle fondazioni e dalle start-up innovative. Queste devono dimostrare di svolgere attività economica, in via esclusiva o prevalente, in una o più delle seguenti attività: ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione e gestione di beni, attività e prodotti culturali. Si diventa ICC anche nel caso in cui si svolgano attività economiche di supporto, ausiliarie o comunque strettamente funzionali alla casistica vista in precedenza. Le categorie di ICC sono individuate puntualmente dall’allegato al decreto che individua 14 categorie, quali Architettura, Arti visive, Artigianato artistico, Audiovisivo, Design, Editoria e libri, Fotografia, Letteratura, Moda, Musica, Patrimonio culturale, Radio, Spettacolo dal vivo, Videogiochi e software. Tali categorie, che si suddividono in diverse altre sottocategorie in continuo aggiornamento, sono riconducibili alla classificazione Ateco e valgono per le ICC che svolgono attività, in via esclusiva o prevalente e non per quelle di supporto. Nella classificazione spiccano le gallerie d’arte, i negozi di dischi, le librerie, le case d’asta, tradizionalmente considerate attività commerciali, mentre curiosa è la considerazione per gli articoli in pelliccia; la riparazione di orologi e di gioielli e di prodotti elettronici di consumo audio e video. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto le CCIAA devono istituire una sezione speciale del Registro delle imprese, a cui saranno iscritte le ICC che posseggono i requisiti. A cadenza annuale le Camere competenti, tramite di Unioncamere, trasmettono al MiC l’elenco degli operatori. Viene confermato, dunque, il doppio registro; inoltre alle CCIAA viene demandata la verifica della validità delle informazioni relative ai soggetti iscritti nella sezione speciale, al fine del mantenimento o revoca della qualifica.

Gli sviluppi futuri

Il decreto in questione segue l’atto di circa un mese fa di istituzione del Repertorio delle opere dei creatori digitali e si colloca nella direzione del “Completamento della strategia messa a punto dal Ministero. Seguirà il decreto interministeriale che introduce un contributo di 3 milioni di euro l’anno per gli investimenti effettuati dalle ICC nel territorio nazionale – spiega il Sottosegretario Borgonzoni – e subito dopo seguirà il decreto che istituirà presso il MiC l’Albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale”. I 3 milioni previsti per il 2024 non andranno persi e si cumuleranno con i fondi del prossimo anno.

Fonte: Il Sole 24 Ore