Prezzi del vino stabili, Amarone e Brunello restano i più cari

Prezzi del vino stabili, Amarone e Brunello restano i più cari

Una sorpresa positiva per i viticoltori italiani. I prezzi dei vini made in Italy post vendemmia stanno tenendo e non si registrano ribassi significativi, anzi, in molti casi ci sono degli apprezzamenti. È quanto emerge dal monitoraggio del mercato effettuato attraverso i dati di Ismea e soprattutto quelli forniti da Med.&A. associazione nazionale degli agenti d’affari in mediazione e agenti di commercio (costituita presso la Confederazione italiana della vite e del vino) e che con le sue 20 società affiliate in rappresentanza di un centinaio di operatori del settore, tratta in media 15 milioni di ettolitri di vino l’anno (un volume vicino al 40% della produzione italiana) per un giro d’affari di circa un miliardo di euro.

«Fino a un mese e mezzo fa le aspettative erano diverse – spiega il presidente di Med.&A., Carlo Miravalle – ci si aspettava una vendemmia ben superiore rispetto a quella che si sta registrando. La produzione è stata penalizzata dalla siccità estiva al Sud, ma anche dalle piogge di settembre e ottobre al Nord». Il punto è che dopo la vendemmia 2023, la più scarsa degli ultimi 76 anni ci si attendeva un forte rimbalzo che non c’è stato. Già al G7 di Siracusa le stime effettuate da Ismea, Assoenologi e Unione italiana vini parlavano di 41 milioni di ettolitri. 

«Probabilmente – aggiunge Miravalle – saremo sotto quella cifra e appena sopra il risultato dello scorso anno: sui 40 milioni di ettolitri. Un dato che ora sta sostenendo i prezzi. Pertanto, eviteremo distillazioni e altre misure economiche per riequilibrare il mercato. Anzi stiamo cominciando a notare tensioni sui listini, in particolare sui vini bianchi e a partire dai bianchi generici. D’altro canto, la Sicilia sui bianchi ha avuto un’annata disastrosa. In flessione anche la produzione di Trebbiano base spumante o base vermouth prodotto sulla dorsale adriatica tra Emilia Romagna, Puglia e Abruzzo. E ci si attendeva molto più bianco generico dal Veneto dove le ultime piogge hanno compromesso la qualità delle uve nei vigneti. E negli ultimi giorni anche i grandi buyers tedeschi di vino sfuso hanno anticipato i loro acquisti di Chardonnay nel timore di ulteriori aumenti delle quotazioni».

Secondo le rilevazioni dell’associazione dei mediatori crescono i prezzi del Pinot Grigio delle Venezie Dop, la seconda denominazione d’Italia (alle spalle del Prosecco) che vale poco meno di 300 milioni di bottiglie l’anno. A ottobre 2024 il Pinot Grigio delle Venezie Dop è stato quotato 1,10 al litro in crescita del 10% rispetto allo scorso anno. Un dato innescato dalla produzione più scarsa di Pinot Grigio italiano in genere.

Altalenante lo scenario per la denominazione numero uno, il Prosecco. Etichetta che vanta tre varianti: la Docg di Conegliano Valdobbiadene, la Docg di Asolo e la macro Doc prodotta tra Veneto e Friuli. Le cifre mostrano una flessione sia per il Prosecco Doc (1,90 euro al litro, -5% innescato dallo sblocco delle riserve e degli stoccaggi e dal leggero incremento degli imbottigliamenti) che per il Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene (2,43 e -12%). Si salva, anche grazie alla forte richiesta del mercato la denominazione più piccola delle tre, il Prosecco Docg di Asolo che registra un aumento dei listini del 5% e un prezzo di 2,35 euro che ha ormai raggiunto il più famoso Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene.

Fonte: Il Sole 24 Ore