Primi scricchiolii sul mercato dell’arte: allerta su garanzie e fiducia

Primi scricchiolii sul mercato dell’arte: allerta su garanzie e fiducia

Il peggioramento delle prospettive economiche colpisce la fiducia del mercato dell’arte, sul quale potrebbe abbattersi una tempesta perfetta: alcuni indicatori rilevanti lo fanno pensare. La ripresa post Covid ha ridato energia alle aste: nei primi sei mesi sono stati scambiati in totale 7,4 miliardi di dollari (+313%) da Christie’s, Sotheby’s e Phillips. Solo negli incanti serali di arte impressionista e moderna, post-war e contemporanea sono state offerte garanzie sulle stime minime delle opere per 1,7 miliardi di dollari, cioè il 56,2% del valore delle vendite – segnando un balzo del 54,9% sul medesimo periodo 2021.

Chi ci guadagna da questa scommessa?

In questa modalità di vendita – di fatto una prevendita –, che non consente di assaggiare il vero valore di mercato dell’opera, chi ha scommesso ha guadagnato meno di un anno fa: solo il 10,2% rispetto al bisogno di sicurezza espresso dal rendimento del 21,8% del primo semestre 2021. Nonostante questo calo dei rendimenti, ArtTactic stima profitti per 177,1 milioni di dollari, divisi tra garanti (casa d’asta o investitori terzi) e venditori, certo meno dei 190,2 milioni dello stesso periodo 2021, ma sempre un bell’affare celato da riservatezza.

Nelle aste di Christie’s e Sotheby’s le garanzie sono state meno redditizie (rispettivamente l’8% e l’11,7%), mentre in quelle di Phillips i rendimenti sono saliti dal 7% al 13,1%. I cali sono il segnale che qualcosa scricchiola, circola meno liquidità e le garanzie-paracadute rischiano di non proteggere dalle future tempeste economiche i grandi capolavori, lasciando i venditori senza atterraggi morbidi. L’aumento dei tassi rallenta l’utilizzo delle garanzie che, nonostante droghino un po’ il mercato, in alcuni casi possono dare stabilità alle opere blue chip facendo da traino ad altri incanti. Comunque i prezzi in futuro dovranno fare i conti con il mercato reale, l’inflazione e la crisi energetica.
I dati emergono dall’analisi di ArtTactic che ha passato al setaccio le garanzie d’asta dal 2016 a oggi sulle piazze di Londra, New York, Hong Kong, Parigi, Shanghai, Singapore e Las Vegas.

La fiducia del mercato

A questo si aggiunga l’incerto clima di fiducia degli ultimi sei mesi: l’ArtTactic Confidence Indicator a luglio era in forte calo a 42 punti (è negativo sotto 50) rispetto ai 75 di gennaio 2022. Anche se le grandi collezioni annunciate per novembre come quella da un miliardo di Paul Allen da Christie’s (in foto di Paul Cezanne «La montagne Sainte-Victoire», 1888-1890, olio su tela, 65,1 x 81 cm, con stima a richiesta a partire da 120.000.000 $ da Christie’s il 9-10 novembre New York) e quella da 100 milioni da Sotheby’s di David M. Solinger, tra New York e Parigi, potrebbero attrarre una forte domanda, non è detto che il resto delle vendite segua il trend. Esperti ed operatori sono più pessimisti sulla direzione del mercato dell’arte nei prossimi 6-12 mesi, secondo il sondaggio di ArtTactic, con sfumature più o meno scure a secondo del periodo artistico in esame. La fiducia è più forte sul mercato primario, quello in fiera e galleria, mentre il mini boom delle aste post pandemia espone l’arte a maggiori rischi, anche alla luce del rallentamento del mercato ad Hong Kong e del sentiment negativo sul mercato dell’arte cinese. La minaccia della speculazione rimane ai massimi storici: la forma a V della ripresa del mercato dell’arte negli ultimi due anni ha attratto sul breve termine investitori e acquirenti speculativi che ora potrebbero decidere di uscire.

Effetto garanzie e richiesta di trasparenza

Dal 2021 la forte ripresa delle garanzie è stato un tranquillante per i venditori, timorosi i di misurarsi con il martello. Ma il futuro riserva altre incertezze, poiché molte garanzie finanziarie sulla piazza di New York potrebbero non essere dichiarate, visto che da quest’estate la deregolamentazione introdotta dal Consiglio comunale di New York, consente alle case d’asta meno trasparenza creando una asimmetria informativa con le altre piazze d’incanto, con buona pace del Dipartimento del Tesoro americano che lo scorso febbraio ha lanciato un grido d’allarme sul rischio riciclaggio su Nft e cripto arte. Insomma New York potrebbe diventare un mercato dove l’arte diventa un sottostante d’intermediazioni finanziarie senza obblighi di trasparenza. Un bel colpo!
La Grande Mela è la prima piazza mondiale degli scambi, detiene il 43% dei 65,1 miliardi globali (Report ArtBasel 2022) e il Report ArtTactic conferma che è la regina delle garanzie: nei primi sei mesi gli investitori hanno garantito arte per 965,4 milioni di dollari (market share del 55,8%), seguita da Londra 546,6 milioni (+54,9%) e Hong Kong (167,9 milioni). Nell’ultimo semestre la gran parte della liquidità posta in garanzia (64%) si è riversata sui primi 25 nomi blue chip dell’arte su un bacino di oltre 450 artisti. Il mercato è fortemente sbilanciato. I più garantiti? Dal 2016 a oggi Picasso, Basquiat, Monet, Warhol, Richter, Rothko, Bacon, Twombly, Hockney e Lichtenstein.

Fonte: Il Sole 24 Ore