Produttività, lo sgravio fiscale ha funzionato ma ora il sistema richiede misure per svilupparlo

Una platea ancora minoritaria rispetto al totale dei lavoratori italiani e le statistiche che impietosamente fotografano la produttività italiana al palo. Sono queste le due sfide che la misura della premialità fiscale sui risultati di produttività deve affrontare. Se i numeri, tanto relativi al trend della contrattazione aziendale quanto all’ammontare dei premi, dicono con chiarezza che la misura sta andando a segno, la domanda, anzi le domande, allora, a questo punto, sono due: come ampliarla, e se, oltre a giovare alle buste paga, sia uno strumento efficace per aiutare il sistema Paese a incrementare la produttività.

«Sulla produttività dobbiamo spingere e le relazioni sindacali devono mettere a fattore comune questo obiettivo», dice Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria. Per farlo, la questione da cui partire riguarda il requisito dell’incrementalità del risultato aziendale rispetto all’anno precedente, così come previsto dalla legge, che per Albini deve essere considerato «un parametro e non un dogma». Quello che cioè nasce come criterio oggettivo fissato dal legislatore per concedere il beneficio, sul piano pratico rischia di trasformarsi in una gabbia.

«Bisogna sempre considerare il contesto», continua Albini. «Se io ho chiuso un anno con un +6% – spiega – e l’anno dopo questo risultato l’ho mantenuto in una congiuntura complicata, con una guerra in corso, già aver mantenuto il risultato dell’anno precedente è stato in qualche modo “incrementarlo”». Nel quantificare la produttività, poi, una riflessione da fare riguarda la materia statistica, che ingloba i risultati di settori come l’industria con quelli di altri comparti, quali il pubblico impiego, in cui i rinnovi contrattuali arrivano spesso dopo la scadenza, o il lavoro autonomo, i cui risultati non sempre sono inquadrabili.

Dunque? Dunque le angolazioni sono plurime, come confermano le valutazioni che arrivano dal sindacato. Secondo Mattia Pirulli, segretario confederale della Cisl, «i premi di produttività andrebbero portati a tassazione zero, proprio per dare maggiori effetti alla contrattazione di secondo livello e anche maggiori vantaggi al lavoratore. Noi crediamo fortemente in questo strumento – spiega – e crediamo che un ulteriore rafforzamento arriverà da una legge sulla partecipazione. La proposta di legge su questo tema – prosegue – è in attesa di essere discussa in Parlamento, sappiamo che sono stati presentati molti emendamenti, sollecitiamo le commissioni parlamentari competenti a riprendere la discussione prima possibile. Credo che avere una legge su questo tema sia importante perché darebbe ulteriore spinta e sostegno alla contrattazione sia di primo che di secondo livello».

Per il sindacato di via Po, se si vuole allargare la platea dei lavoratori «dobbiamo rafforzare la cultura delle relazioni industriali. Serve un sistema di relazioni più forte all’interno delle aziende e all’interno del territorio, perché ricordiamoci sempre che la contrattazione può essere aziendale ma può essere anche territoriale, e quest’ultima va ulteriormente rilanciata».

Fonte: Il Sole 24 Ore