Rallenta la ricerca sui farmaci, ma l’impatto delle regole Ue è meno pesante del previsto

Rallenta la ricerca sui farmaci, ma l’impatto delle regole Ue è meno pesante del previsto

Rallenta la ricerca sui farmaci in Italia che con le sperimentazioni cliniche – passate nel 2023 a 611 dalle 663 dell’anno prima (-7,8%) – muove ogni anno 700-800 milioni di investimenti, soprattutto delle aziende farmaceutiche. Ma se si vuole guardare al bicchiere mezzo pieno non c’è stata la brusca frenata che ci si attendeva a causa soprattutto dell’applicazione del nuovo regolamento europeo sui trial clinici che proprio nel 2023 ha introdotto l’obbligo di presentare tutte le domande sui test per i farmaci ad un portale unico europeo, tagliando anche i Comitati etici da 90 a 40.

Un terzo delle sperimentazioni è per l’oncologia

Se c’è stata una «difficoltà iniziale nell’applicazione di modalità organizzative diverse e più complesse» tuttavia, l’Italia è «riuscita a garantire una buona tenuta del sistema», ha spiegato il presidente dell’Agenzia del farmaco (Aifa), Robert Nisticò in questo bilancio in chiaroscuro che emerge dal 21esimo rapporto sulle sperimentazioni cliniche dei medicinali, appena pubblicato dall’Aifa. .Un bilancio che ritrae un sistema della ricerca clinica ormai consolidato ma con «ampi spazi di miglioramento». Come ormai avviene da anni, anche nel 2023, è nell’area dell’oncologia che si concentra il maggior numero di sperimentazioni: il 34,7%; seguono quelle sulle malattie del sistema nervoso (11,1%), quelle sul sistema immunitario (8,5%), cardiovascolare (6,2%), ematico e linfatico (6,1%). Dopo il boom del 2021 legato alla pandemia, continua invece il calo del numero di sperimentazioni di farmaci sulle malattie virali (2%). Gli studi clinici nel campo delle malattie rare hanno rappresentato invece il 30,6% del totale (187 su 611), con un arretramento del 7% rispetto al 2022.

Trial internazionali e prevale il ruolo delle aziende

La gran parte delle sperimentazioni realizzate in Italia (il 78%) sono di fase II e III, gli step in cui si verifica la sicurezza e l’efficacia dei farmaci. Sono il 18%, invece, quelle di fase I. Si tratta di un dato non trascurabile, che «esprime la capacità della ricerca di base italiana di individuare nuovi target biologici, di tradurli in progetti concreti di ricerca e successivamente di accompagnarli in percorsi di sviluppo industriale e commerciale», sottolinea il direttore tecnico scientifico di Aifa, Pierluigi Russo. Si conferma poi la netta prevalenza delle sperimentazioni internazionali (l’85,8%) e il ruolo preponderante di quelle promosse dalle aziende farmaceutiche (l’82,7%). «Il settore delle sperimentazioni profit ha maggiormente beneficiato delle semplificazioni amministrative». Mentre «la ricerca no profit ha dimostrato una tenuta meno solida, non solo in Italia, ma in tutta l’Unione europea», ha aggiunto Nisticò.

L’impatto delle nuove regole europee

Guardando all’ultimo ventennio, il rapporto registra un calo del numero di sperimentazioni condotte in Italia dopo il picco del 2008. Tuttavia, il trend potrebbe essere dovuto all’uso «sempre più diffuso di trial complessi, che racchiudono in una singola sperimentazione due o più trial che in passato sarebbero stati presentati come individuali», si legge nel rapporto. A questa tendenza si sono aggiunte lo scorso anno le conseguenze della piena applicazione del nuovo regolamento europeo (il 536/2014) entrato in vigore con otto anni di ritardo e che in Italia ha comportato, tra le altre cose, una profonda revisione del sistema dei comitati etici, gli organismi deputati a verificare che le sperimentazioni cliniche rispettino i diritti e la sicurezza dei partecipanti. Il 2023 è stato dunque «per l’Italia, un anno di transizione e trasformazione e, in quanto tale, i dati sono inevitabilmente influenzati dalle varie fasi di assestamento che si sono succedute», conclude il rapporto.

Fonte: Il Sole 24 Ore