Ramy, Gabrielli: «L’inseguimento non si è svolto nella modalità corretta, ma no a curve da stadio sulle forze dell’ordine»
«E’ sempre facile fare il professore del giorno dopo, bisogna trovarsi in determinate situazioni ma è ovvio che quello non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c’è pur sempre una targa, un veicolo». Franco Gabrielli, ex capo della Polizia, oggi consulente per la sicurezza del Comune di Milano, a 24 Mattino su Radio 24 risponde così ad una domanda sullo speronamento dello scooter che ha portato alla morte di Ramy Elgaml, un ragazzo di 19 anni di origine egiziana.
I Carabinieri che hanno effettuato l’inseguimento sono indagati, uno per omicidio stradale (anche se la procura sta valutando l’ipotesi di cambiare l’imputazione in omicidio volontario con dolo eventuale), mentre altri due per falso e depistaggio, con l’ipotesi che abbiano raccontato una versione non veritiera e abbiano costretto un ragazzo che aveva ripreso la scena col cellulare a cancellarla. «Esiste un principio fondamentale – spiega ancora Gabrielli – ed è quello della proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per ottenere un determinato risultato: io posso addirittura utilizzare un’arma se è in pericolo una vita, ma se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo. Questo è un elementare principio di civiltà giuridica».
Premesso ciò, l’ex capo della polizia ricorda che le immagini sono state fornite dall’Arma a testimonianza che le forze dell’ordine sono «fondamentalmente sane» e mette in guardia da quelle che definisce curve da stadio: «Non ci dividiamo sempre tra chi fa la difesa a prescindere, che ad esempio dal mio punto di vista è un atteggiamento pericoloso perché la difesa a prescindere introduce un elemento di senso di impunità, e dall’altra l’accusa a prescindere, cioè la criminalizzazione a prescindere e il fatto che le forze di polizia siano sempre o debbano essere sempre sul banco degli imputati».
Ma c’è un problema a Milano collegato all’immigrazione? «Sì e credo che bisogna finirla con atteggiamenti buonisti per un verso e cattivisti per l’altro. Io denuncio da molto tempo come in questo Paese non si sia mai affrontato seriamente il tema dell’integrazione e quello che stiamo vedendo, le vicende di Piazza Corvetto (dove ci sono stati disordini dopo la morte di Ramy, ndr), dal mio punto di vista sono solo acqua fresca rispetto a situazioni che noi saremo costretti a vivere in futuro se non si metterà mano a politiche serie e strutturate di integrazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore