Rapido 904, per l’Associazione vittime «l’artificiere tedesco protetto da pezzi dello Stato»
Quaranta anni dopo la strage sul Rapido 904 – nella quale il 23 dicembre 1984 morirono 16 persone e 267 rimasero ferite – Rosaria Manzo vive sospesa tra la paura e la speranza.
Figlia del secondo macchinista di quel treno – che, sopravvissuto, non si riprenderà dal trauma dell’esplosione che alle 19.08 sventrò una carrozza di seconda classe mentre attraversava la galleria dell’Appennino al confine tra Toscana ed Emilia – porta avanti con determinazione l’Associazione delle vittime, fondata a Napoli (città di partenza del Rapido 904 diretto a Milano), nel 1985.
Quaranta anni dopo, trascorsi tra indagini, processi, assoluzioni (tra gli altri, il boss di Cosa nostra Totò Riina), condanne (ergastolo, tra gli altri, per il cassiere della mafia Pippo Calò) e recenti riaperture di indagini (nella Procura di Firenze da circa due anni), Manzo è sempre al punto di partenza: sospesa tra la paura e la speranza. In questa intervista – rilasciata tra la presenza in una manifestazione di ricordo e un dibattito per tenere viva la memoria in tutta Italia – spiega perché.
Partiamo dalla paura.
E’ quella che lo Stato voglia arrivare ad una soluzione qualunque, che magari includa il ruolo di mafiosi ormai deceduti come Riina, ma non alla verità.
Fonte: Il Sole 24 Ore