Renzi alla corte di Blair: sarà consulente sulle riforme. A pagamento
Dalla guida del Pd ai tempi in cui era premier, con il record ineguagliato del quasi 41% alle europee del 2014, alla corte di Tony Blair. Passando per l’uscita dal Pd e la fondazione non troppo fortunata di Italia Viva e per il ruolo determinante nel fare nascere il Conte 2 (2019) e poi farlo cadere per portare a Palazzo Chigi Mario Draghi (2022). Si sa, Matteo Renzi ha mille vite. E in quella precedente al flop alle europee del 9 giugno, quando la lista Stati Uniti d’Europa messa su assieme ai radicali di Più Europa non ha superato lo sbarramento del 4%, avrebbe volentieri accettato qualche incarico Ue in quota Macron-Renew Europe. Ma è andata come è andata. E dunque l’ex premier accetta volentieri un altro incarico internazionale: quello di consigliere strategico del Tony Blair Institute.
Il riconoscimento di Tony Blair: «Renzi preziosa aggiunta al nostro team»
«Sono lieto di dare il benvenuto a Matteo Renzi all’Institute come consigliere strategico – annuncia l’ex premier laburista Tony Blair, da sempre in buoni rapporti con Renzi -. Matteo sarà una preziosa aggiunta al nostro team di leader che forniscono consulenza e approfondimenti strategici di alto livello, aiutando i leader politici di tutto il mondo a realizzare cambiamenti per i loro Paesi». «Sono onorato di unirmi alla TBI- risponde Renzi -. Tony Blair è stata fonte di ispirazione per me negli anni del Governo e sono lieto di poter lavorare perché i leader di oggi e domani abbiano lo stesso esempio visionario e riformista».
Il contratto di lavoro: consigliere strategico dei leader politici sulle riforme
Ma in che cosa consiste il nuovo lavoro di Renzi? Perché si tratterà di un vero lavoro e non di opera di volontariato: c’è un contratto, anche se ancora non è stato reso pubblico a quante sterline ammonta lo “stipendio”. «Il Tony Blair Institute for Global Change supporta i leader politici e i governi nella costruzione di società aperte, inclusive e prospere in un mondo globalizzato – continua il comunicato della TBI -. Renzi, il più giovane primo ministro italiano di sempre, ha una storia di successi che vanno dall’adozione precoce e completa della tecnologia digitale all’introduzione di radicali riforme nei servizi pubblici».
Le materie? Digitalizzazione e Pa
Ed ecco il curriculum di Renzi: «È stato primo ministro dal febbraio 2014 a dicembre 2016. Ha guidato il Partito democratico dal 2013 al 2018, con una breve interruzione nel 2017. Nel 2019 ha fondato il suo partito centrista, Italia Viva. Nel 2009 Renzi è diventato sindaco di Firenze. Le sue politiche includevano l’installazione di 500 punti di accesso wi-fi, il dimezzamento del numero di consiglieri comunali e il taglio della spesa in eccesso del settore pubblico, la riduzione delle liste d’attesa per gli asili del 90% e l’investimento in edilizia scolastica e welfare. Renzi è da tempo un sostenitore della digitalizzazione come parte centrale delle riforme interne in Italia. Durante il suo mandato da primo ministro, l’introduzione dell’ID digitale nei principali servizi pubblici è stata vista da Renzi come un modo per creare “un’Italia più veloce, più agile e meno burocratica”. Nel 2014, Renzi ha introdotto la riforma della Pubblica Amministrazione o “riforma Madia” come un ampio insieme di misure per modernizzare la Pubblica amministrazione in Italia. Le riforme includevano una componente completa di digitalizzazione ed e-government, in cui l’ID digitale era un pilastro centrale».
Un “aiutino” a un reddito già alto: 3,217 milioni di euro l’imponibile del 2023
Digitalizzazione e Pa, dunque, le materie in cui Renzi è ritenuto specializzato dal prestigioso istituto d’Oltre Manica, che ha imbarcato anche l’ex premier finlandese Sanna Marin. Ma l’ex premier potrà continuare a fare il suo primo lavoro, che è quello di senatore? Certo che sì, rispondeono dal suo staff: «Ci teniamo a specificare, a scanso di equivoci, che l’attività è compatibile con quella di parlamentare e non presuppone nessun abbandono della politica». E le altre consulenze, anche quelle discusse con l’Arabia Saudita, potranno continuare? Non ci sono preclusioni, si fa sapere. E dunque Renzi aumenterà le sue già cospicue entrate: nel 2023 ha dichiarato un reddito imponibile di 3,217 milioni di euro risultando il secondo parlamentare più ricco dopo Antonio Angelucci.
Fonte: Il Sole 24 Ore