Reti 5G, il governo studia nuove misure per accelerare
Troppo timidi, a dir poco, i programmi di investimento degli operatori mobili per traghettare l’Italia sulla sponda del “vero” 5G. Troppo incerta la leva delle gare del Pnrr per non intervenire e integrare i piani pubblici. Il governo, con il Dipartimento per la trasformazione digitale, inizia allora a pensare alle mosse per colmare il ritardo tecnologico che tra qualche anno potremmo scontare sul 5G più avanzato e prepara due interventi: intanto, con 20 milioni, il finanziamento di progetti di copertura in ambiti specifici come ospedali e università e poi, con un respiro più ampio, un nuovo piano pubblico, sfruttando se possibile la revisione del Pnrr che dovrebbe entrare nel vivo tra un paio di mesi.
La delusione del governo
Nelle zone abitate l’Italia ha tra le coperture più alte in Europa. Ma si tratta di un 5G ancora ibrido. Il divario di cui si parla invece è, in prospettiva, quello sul 5G stand-alone, cioè la tecnologia mobile che non ha bisogno di appoggiarsi alla rete sottostante 4G ed è dunque pienamente autonoma sia per la gestione della connessione radio che per la commutazione dei servizi. Con relativi vantaggi in termini di prestazione, dalla minore latenza al minore consumo delle batterie dei terminali e in generale performance migliori per servizi business e progetti industriali. Dalla mappatura appena conclusa da Infratel è emerso che nessuno operatore mobile ha dichiarato copertura in tecnologia 5G stand-alone entro il 2026. Continueremo ad avere un 5G “spurio”, in sintesi. Un quadro giudicato con una certa delusione dalle parti di Palazzo Chigi. Secondo il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti, cui fa capo il Dipartimento per il digitale, «la scarsa propensione degli operatori ad investire in reti stand-alone è un dato in controtendenza rispetto alle aspettative. L’applicazione risulta al momento limitata a casi specifici per il settore produttivi. Interessanti ma limitati».
L’andamento dei progetti Pnrr
La tesi è che il Piano 5G del Pnrr sta finanziando la costruzione di elementi che abilitano allo sviluppo delle reti 5G, anche in modalità stand-alone, e che si stanno creando quindi condizioni più favorevoli per le Telco per investire e realizzare soluzioni di questo tipo sul territorio.
Secondo l’ultimo aggiornamento al 30 novembre 2024, il progetto “densificazione” del Pnrr per aumentare la copertura nelle aree remote (aggiudicato al raggruppamento Inwit, Tim, Vodafone) ha fin qui portato a coprire il 26% delle 1.385 aree previste, con 148 siti attivati. Invece il programma “backhauling” per collegare le stazioni radio base con la fibra ottica e renderle dunque più efficienti (in campo Tim), ha toccato 5.603 siti su 9.462, il 59%. Risultati positivi, secondo il Dipartimento.
Le nuove misure allo studio
Ma la mappatura di Infratel ha evidenziato 5.700 torri esistenti che non saranno ancora rilegate in fibra ottica entro il 2026, lasciando emergere che il Pnrr da solo non basta. Per questo – dice Butti – «il governo sta lavorando nell’ottica di individuare le idonee fonti di finanziamento per un eventuale nuovo piano pubblico per compiere questo ulteriore passo per lo sviluppo capillare del 5G». Il sottosegretario non si sbilancia sulle fonti di copertura, ma a quanto risulta al Sole 24 Ore risorse potrebbero materializzarsi con la revisione del Pnrr allo studio e dalla quale potrebbero derivare fondi anche per quei progetti specifici per il 5G e l’edge cloud computing inseriti nella nuova Strategia governativa per la banda ultralarga ormai un anno e mezzo fa e ancora in sospeso. Non ha invece bisogno di aspettare il rimescolamento del Pnrr, perché già coperto con 20 milioni a valere sul Fondo per l’innovazione tecnologica, l’avviso che il Dipartimento sta per pubblicare per il finanziamento di progetti di copertura Das (distributed antenna system, cioè micro-antenne distribuiti in ambienti interni) in ambiti pubblici di particolare interesse, come campus universitari, strutture ospedaliere complesse, centri di ricerca. «Stiamo facendo la nostra parte – sintetizza Butti – è importante ora che arrivi un segnale degli operatori privati che devono al più presto mettere a punto dei business case che valorizzino le applicazioni 5G stand-alone».
Fonte: Il Sole 24 Ore