Ricerca sugli embrioni, la Gran Bretagna vuole estendere il limite dei 14 giorni
La Gran Bretagna vuole ridisegnare la linea per la ricerca sugli embrioni. L’Autorità per la fecondazione umana e l’embriologia (Hfea) ha infatti raccomandato che la legge venga modificata per estendere il limite da 14 a 28 giorni. Ciò potrebbe aprire la strada a scoperte rivoluzionarie nella comprensione delle cause degli aborti spontanei, dei difetti cardiaci o condizioni gravi come la spina bifida.
Oggi, infatti, i ricercatori possono studiare solo feti abortiti che hanno più di 28 giorni, pertanto, il periodo di sviluppo embrionale di 14-28 giorni rimane una “scatola nera” di cui si sa molto poco. Estendere la finestra di 14 giorni consentirebbe, per esempio, la ricerca su processi di sviluppo vitali che altrimenti sarebbero quasi impossibili da studiare, come la gastrulazione, i meccanismi di impianto e la comparsa delle cellule germinali primordiali. Legalizzare la ricerca sugli embrioni fino a 28 giorni sarebbe quindi estremamente prezioso per il campo della medicina riproduttiva, in particolare in relazione ad aborto spontaneo, infertilità e disturbi fetali.
A spingere oltre la cosiddetta regola dei 14 giorni sono i progressi scientifici degli ultimi anni, a partire dal 2016, quando sono state sviluppate tecniche di coltura con cui è tecnicamente fattibile mantenere gli embrioni in vitro oltre la finestra di due settimane. Da allora, le richieste di estendere quel limite sono aumentate e non solo in Gran Bretagna. In Olanda, il ministro della Salute, del Welfare e dello Sport ha incaricato il Consiglio della Salute di riconsiderare la regola dei 14 giorni nell’Embryo Act, e a ottobre dell’anno scorso è stato pubblicato un rapporto in cui si raccomanda un’estensione della regola a 28 giorni sulla base di tre fattori chiave: la dignità di protezione dell’embrione, i potenziali benefici della ricerca oltre il limite dei 14 giorni e la prospettiva sociale.
«La ricerca dopo 14 giorni porterebbe a diverse intuizioni, una comprensione dello sviluppo precoce dell’embrione nel periodo della “scatola nera” che potrebbe, ad esempio, identificare i problemi della gravidanza precoce o migliorare la nostra comprensione di come le malattie congenite iniziano a svilupparsi – ha detto Peter Thompson, amministratore delegato dell’Hfea alla conferenza annuale del Progress Educational Trust a Londra -. La speranza, naturalmente, è che tali scoperte portino a loro volta a nuove opzioni di trattamento».
L’Hfea sta anche valutando come le leggi sulla fertilità dovrebbero essere riviste per accogliere gli ovuli e gli spermatozoi coltivati in laboratorio, ma anche per regolamentare i cosiddetti modelli di embrioni basati su cellule staminali, strutture simili a embrioni coltivate senza l’uso di ovuli o spermatozoi e che oggi gli scienziati non hanno chiaro se abbiano il potenziale biologico di svilupparsi in un feto.
Fonte: Il Sole 24 Ore